Lumezzane, Anna che ha fatto della calligrafia un lavoro

«Calligrafia non significa grafia. A volte qualcuno arriva ai corsi e mi chiede di tracciare il suo profilo psicologico. No, non sono grafologa, sono calligrafa!»: Anna Saleri, di Lumezzane, ha ripreso in mano uno strumento antico e incantevole, il pennino a punta flessibile, e ha fatto della scrittura bella ed elegante il suo lavoro. Chi l’avrebbe mai detto che nel Duemila, epoca così digitale e così frettolosa, potesse tornare di moda la calligrafia? Da sempre amante della scrittura a mano, Anna dal 2014, periodo della sua prima maternità, ha lasciato il lavoro in un’agenzia di viaggi per dedicarsi a questa attività in bilico tra il creativo e il tecnico.
«Mi hanno sempre affascinato le persone con una bella scrittura - ci racconta di fronte -, anche dal punto di vista storico: ho sempre amato le biblioteche, i manoscritti, e all’università infatti ho studiato Beni Culturali. Per quanto riguarda la scrittura nello specifico, invece, sono autodidatta».
Lo studio. Prendendo in mano da sola il pennino prima e facendo vari corsi dopo (in Italia e online, con insegnanti internazionali), Anna è diventata calligrafa di professione (specializzandosi sullo stile inglese, dal momento che le piaceva molto il corsivo, che proviene dai paesi anglosassoni) e oggi svolge corsi di calligrafia base col pennino e con i pennelli brush a punta flessibile al Libraccio di Brescia e da Giustacchini, oltre a lavorare su commissione anche per privati. «Ai corsi partecipano molte donne e qualche uomo (su d’età, devo dire, e sono sempre i più precisi!), e tutti mi danno soddisfazione. È bello, alla fine, saper scrivere bene il proprio nome e poter realizzare dei biglietti personalmente quando arriva l’occasione».
Comunicare. «Creo inviti ai matrimoni, biglietti d’auguri... E poi ho attive alcune collaborazioni, come quella con Pettinaroli di Milano, una bottega storica di Brera per la quale decoro biglietti e taccuini». Per Anna tutto questo non è solo un lavoro, ma un amore vivissimo. «La bella scrittura si è persa, ma è importante, comunica molto. Quando la scrittura si fa disordinata significa che c’è disordine culturale nell’epoca in cui si vive. I ragazzi oggi non sanno più scrivere a mano, la calligrafia dagli anni ’80 non esiste più come materia. Ma c’è un gap da colmare, perché la scrittura serve sempre, anche sul lavoro. Qualcuno ti leggerà, no? E poi fa bene a se stessi. È terapeutico prendersi tempo per creare qualcosa di bello da vedere».
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