Il ragazzo che amava e raccontava la vita, oltre la malattia

«La malattia non è una battaglia, nella malattia non si è eroi o guerrieri. Non ci si può arrendere, scappare o trattare. Nella malattia si è quello che si è. Quello che si vuole ancora essere». Lo scriveva Giuseppe Moretti su Instagram, in un diario pubblico in cui raccontava la malattia e la vita nonostante la malattia. Con parole ironiche, dolci e crude, come lo è stato lui fino a quando un tumore raro se lo è portato via nella notte di Pasqua, a 29 anni (funerali oggi alle 15 alla basilica di Santa Maria degli Angeli, dalla Casa del commiato in via Roma a Gardone Valtrompia).
Valtrumplino nel cuore (era nato a Gardone Valtrompia il 22 novembre 1993), Beppe Moretti si era diplomato all’Arnaldo nel 2012. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Brescia, un anno in Australia tra il ristorante degli zii e uno stage in Beretta, poi il ritorno e l’approdo a quell’azienda che sarebbe diventata il suo orgoglio: l’Assisi Raffineria Metalli.
La diagnosi di tumore raro lo ha raggiunto due anni fa. Con grinta, affiancato dall’amata sorella Alice, da mamma Alessandra e papà Alessandro, dal resto della famiglia, da Sara, dagli amici e dalle amiche di sempre, dal cane Zinco, Beppe ha affrontato mesi di cure sperimentali. Per riuscire a salire ancora sul suo Guglielmo, scalare più di 20 cime, chiudere un altro contratto, viaggiare, innamorarsi di nuovo - dimostrando ogni giorno che c’è sempre qualcosa per cui vale la pena lottare, anche quando è «un po’ più in là».
Per lui era restare sé stesso, al di là della malattia: un appassionato, con i piedi ben ancorati a terra, sempre in salita. Se n’è andato nell’unico modo in cui ha vissuto, con coraggio. Amando. Sarai nel nostro cuore per sempre.
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