«Dante, l’amore e io»: la 92enne Ines recita il Sommo a memoria

L’anziana di Sarezzo è appassionata dei versi della Commedia e del suo «romanticismo» che le ricorda la sua vita
Paolo e Francesca uno dei più celebri passaggi della Commedia che ha toccato il cuore di Ines -  © www.giornaledibrescia.it
Paolo e Francesca uno dei più celebri passaggi della Commedia che ha toccato il cuore di Ines - © www.giornaledibrescia.it
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Ines ci accoglie elegante ed emozionata: sa che la intervisteremo perché, a 92 anni, conosce a memoria tanti versi di Dante, che ama recitare con l’intonazione studiata di chi ne ha una lunga e intima frequentazione. Ci accomodiamo nel fresco giardino della Rsa «Madre Teresa di Calcutta» con il direttore, Beppe Ronchi, e con le animatrici Francesca Romano e Jessica Gnecchi per la chiacchierata che si snoda sempre, anche nel racconto privato della sua vita passata, attorno a lui, al nostro poeta, il «re» della nostra letteratura, come suggerisce Ines.

I versi

Dante è per lei «come per un bambino le caramelle da stringere strette al petto per non farsele rubare», è il «poeta dell’amore» di cui si può godere anche prima di capirlo: il fascino della sua voce è irresistibile. Irrefrenabile è allora la recitazione - «Nel mezzo del cammin di nostra vita... la verace via abbandonai» - che le procura «una gioia profonda»: sentiamo la radicalità di un piacere che si trasmette a chi ascolta e che fa vibrare lei di commozione e noi di ammirazione. Ines spiega benissimo la ragione: «Mi sento trasportare in un mondo che è mio, non so perché». I versi di Dante le corrispondono, «sono affini a qualcosa di mio» aggiunge e certamente sono «romantici».

Ines -  © www.giornaledibrescia.it
Ines - © www.giornaledibrescia.it

Non è un caso che gli occhi le si illuminino a ricordare Paolo e Francesca, l’«amore impossibile», come capita a volte nella vita, forse anche nella sua, anzi di sicuro anche nella sua. Difficile sopportare il dolore di avere trovato l’amore vero, l’unico grande e certo, e non poterlo vivere perché lui è sposato e lei è una brava ragazza, cresciuta con sani principi. Ha dovuto mettere «delle sbarre di ferro» tra lei e lui: Francesca di Dante non l’ha saputo fare, ma almeno lei per tutta l’eternità vagherà sospinta dal vento della passione con il suo Paolo.

Ines sa che il suo amore l’ha contraccambiata perché gliel’ha detto lui stesso nel loro ultimo incontro: «Signorina, l’ho sognata per tutta la vita». E ci viene in mente Gozzano, gli occhi di un azzurro di stoviglia come quelli della dolce signora Ines.

La maestra

Ines ha studiato Dante al tempo del fascismo, alle scuole professionali, perché c’era la guerra e la sua famiglia non aveva possibilità economica per farle frequentare una scuola diversa: era stata la sua maestra, però, a insistere perché proseguisse gli studi che le hanno consentito una carriera al Comune di Sarezzo dove si è occupata, sempre con grande attenzione agli ultimi, di sport e di sanità.

Ai ragazzi che non vogliono leggere e studiare Dante a memoria, Ines direbbe: «Voi non sapete quello che perdete, una ricchezza di sentimenti unica!». La convinzione con cui ci racconta il desiderio di imparare versi nuovi e il guizzo degli occhi morbidi attraversati dalla soddisfazione della parola poetica ci fanno pensare a come sia vero che la Divina Commedia ci dona letizia dello sguardo. Tra i doni che Ines ha ricevuto, lo dice lei stessa, c’è la passione per la letteratura, la capacità di commuoversi per storie diverse dalle proprie che però si incrociano con le nostre, le accompagnano, ci danno le parole per viverle, per pensarle e per rappresentarle, un po’ come succede a teatro, nella Commedia quotidiana che recitiamo e improvvisiamo rubando le parole ai poeti che ci piacciono.

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