Da Gardone a Sydney per trovare un «Ormeggio»
Alessandro Pavoni è uno chef triumplino che a 19 ha sconfitto un male che pareva incurabile. E ora miete successi in Australia.

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Un ristorante di successo, dall’altra parte del mondo, nella baia di Sydney e la grinta di chi dalla vita ha avuto una seconda opportunità, la determinazione di chi ha visto «l’erba dalla parte delle radici», la simpatia di chi naturalmente è cittadino del mondo, la passione di chi ama il proprio lavoro.
Alessandro Pavoni da Gardone, titolare del prestigioso «Ormeggio», due «Cappelli» che equivalgono a due stelle Michelin, anni 41, trasmette questo e molto altro.
Non ha perso l’accento triumplino, forse nemmeno quando parla inglese. E pensare che è stata proprio la voglia di imparare la lingua che l’ha portato in Australia. «L’Inghilterra troppo fredda e umida - dice - e allora dopo la Francia, un’esperienza in ristoranti come «L’Albereta» di Marchesi, il «Carlo Magno» ai Campiani, il grande salto, senza però l’idea di andare ad aprire un ristorante».
Forse Alessandro aveva solo bisogno di vivere, di mettere in pratica la sua seconda opportunità. Oggi non pare vero che questo importante chef, uomo arrivato, anche se non si considera tale, nel suo settore, che dà lavoro a 25 dipendenti, che offre cucina italiana rivisitata, sta scrivendo un libro di ricette legate alla tradizione dell’Italia del nord, che ti propone piatti di superba eleganza e gusto, abbia rischiato grosso, da giovane a 19 anni quando la vita dovrebbe essere solo una promessa. Drammatico il verdetto, una manciata di giorni di vita, il male se lo sarebbe portato via. E furono mesi duri, ogni goccia di farmaco sopportata solo grazie alla costante presenza di mamma Iolanda, poi la radioterapia, un polmone che se ne va, altri interventi.
Ma la grinta viene fuori, Alessandro combatte, gioca duro con il suo nemico invisibile, forse sogna, pensa in grande. E alla grande ricomincia a vivere: ha sconfitto il suo nemico per quegli strani casi della vita. E allora la scuola alberghiera che ha frequentato a Gardone Riviera diviene il suo lasciapassare. Un ristorante, un altro ancora. Poi la voglia di conoscere. Destinazione Australia dapprima trentamila chilometri su una macchina attrezzata alla belle meglio a far da rifugio notturno, deserti, lande desolate, il sole accecante, l’azzurro del cielo.
É la vita. E con la vita arriva Anna, surfista, forse la vera ragione per la quale Alessandro si dedica seriamente all’inglese e alla ricerca di un lavoro stabile, che trova nel più prestigioso ristorante di Sydney al Park Hyatt Hotel. In sei mesi diventa executive chef. Gli propongono Hong Kong, ma è il traffico, troppa gente, l’inquinamento. E allora un’altra avventura.
L’«Ormeggio», in un luogo «che mi ricorda il lago di Garda, l’acqua, le barche». Alessandro non pare avere troppe nostalgie; della sua famiglia sì, di papà Diego, del fratello Nicola, della mamma Iolanda Contrini, in grado di farlo commuovere al solo nominarla. «Mi manca la mia mamma» dice senza reticenza. Ma la Valtrompia proprio no? No, ad eccezione «di Pezzoro, la mia seconda casa, là ho passato molto tempo, là c’è la pace». Ma per l’Italia ormai il biglietto è sempre di andata e ritorno. A casa. All’Ormeggio.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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