A Conche ritorna la Festa dei molete

La fotografia di un secolo fa ritrae mezzo migliaio di «molete» alla loro festa in Conche. La ricorrenza sembrava morente, ma poi fu ripresa, opportuna memoria. Infatti torna oggi, anche sotto l’aspetto devozionale con le messe alle 9 e alle 11, officiate da don Vigilio, parroco di S. Sebastiano.
Un documento unico, quella fotografia: uomini seri, immancabile cappello, qualcuno con sigaretta tra le labbra, molti ragazzini subito avviati al lavoro, i due sacerdoti di S. Sebastiano, il sindaco d’allora con papillon, in alto le uniche tre donne, ingaggiate per cucinare. Tutti immortalati su un pendio di Conche.
La festa risale al 20 agosto del 1896, poi rinnovata con più forza tra il 1908 e il 1910. Il «moleta» svolgeva il lavoro più duro e inimmaginabile: bocconi su un’asse a livello della mola, la vecchia macina in pietra dal diametro fino ad un metro, larga una trentina di centimetri, fatta vorticare dalla forza del torrente Gobbia, affilava lame, spade, coltelli, baionette col volto a pochi centimetri dalla mola. Solo che la pietra morbida (proveniente da una cava di Noboli di Sarezzo) a lungo andare, si logorava e finiva in pezzi, causando quasi sempre la morte del lavoratore. Nel 1923 gli infortuni mortali furono addirittura sette.
La festa pare sia nata in seguito allo scampato pericolo d’un «moleta», rimasto miracolosamente illeso e subito salito in Conche a ringraziare la Madonna della Misericordia, da mille anni «regina» del monastero. I molete celebravano la ricorrenza l’ultimo lunedì di agosto, un giorno lavorativo trasformato in sentita festa, poi fu spostata alla domenica intorno al 20 del mese, ora è stata fissata all’ultima domenica agostana. Ai tempi, curiosamente, i molete di S. Sebastiano festeggiavano in Conche, quelli di Pieve nell santuario del Colle S. Bernardo, quelli di S. Apollonio, rarissimi, si aggregavano in Conche. Un pezzo di storia che si rinsalda - anche fotograficamente - sulle immani fatiche, i sudori, il sangue, di quelli che hanno fatto la fortuna della Lumezzane d’oggi.
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