Valsabbia

Vestone in lutto per Saliou, il 13enne inghiottito dal Chiese

L'adolescente era rimasto troppo tempo sul fondo del fiume lunedì sera, ieri è morto. Sotto choc gli amici
Loading video...
13ENNE MORTO ANNEGATO
AA

Il gioco in acqua è diventato tragedia. La speranza si è spenta e l’angoscia si è fatta dolore. Saliou Diop ha perso la sua battaglia per la vita. Il ragazzino senegalese, inghiottito l’altra sera dal Chiese a Nozza di Vestone, è morto ieri pomeriggio. Il suo organismo ha ceduto: troppo lunga la permanenza sott’acqua. Sono stati purtroppo inutili il massaggio cardiaco praticato dai sanitari sul greto del fiume lunedì sera e le cure ricevute all’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Le condizioni del tredicenne erano apparse subito disperate, lasciando poche speranze. Che tuttavia i familiari e la comunità vestonese hanno continuato a nutrire, fino all’epilogo.

Adesso è il momento del lutto. «È un dolore che colpisce tutti», sottolinea il sindaco Roberto Facchi. Per l’età della vittima, il modo, le circostanze. «Non era mai annegato nessuno finora nel Chiese dalle nostre parti. Una terribile fatalità».

La famiglia di Saliou vive nella frazione Mocenigo. Due fratellini, la mamma e papà Khadim, gettati nella disperazione dal più grande dolore che può colpire un essere umano. Il papà lavora in un’azienda di Merlaro. Il forte tessuto industriale e artigiano di Vestone offre impiego a tanti stranieri. Qui vivono circa settecento immigrati, compresa una folta comunità senegalese. «Una popolazione tranquilla, integrata da anni, mai un problema di convivenza», sottolinea il sindaco Facchi. I bambini frequentano le scuole con profitto: «Tutti gli anni il Comune premia gli studenti migliori delle medie, la metà sono di origine straniera».

La tragedia si compie lunedì intorno alle 19.30. Un gruppo di ragazzini sguazza nel fiume. La serata è appiccicosa, segue un pomeriggio rovente e alimenta la voglia di un bagno nel Chiese. Il punto prescelto è lo slargo fra il ponte stradale e la passerella della pista ciclabile, dove il fiume riceve il torrente Nozza. Un luogo abituale per il refrigerio dei ragazzini vestonesi, abituati a tuffarsi dal muretto che accompagna le case affacciate sul fiume.

I cinque si bagnano come hanno già fatto tante altre volte, solo che adesso il destino è dietro l’angolo. Il Chiese sembra inoffensivo, fresco, limpido e calmo. Invece, come gli altri fiumi, può tradire. Le buche inaspettate, la temperatura fredda, la corrente. Chissà cosa è accaduto lunedì sera. Chissà perché, fra i cinque ragazzini senegalesi e magrebini che fanno il bagno, proprio Saliou scompare sotto il centro del fiume. Forse un malore o la forza dell’acqua. Inutile, adesso, fare ipotesi. Sono minuti convulsi. I compagni si rendono conto che l’amico è in difficoltà. A un certo punto scompare.

Urlano, chiamano aiuto, fuggono via terrorizzati. Scattano l’allarme e i soccorsi, ma di Saliou non c’è traccia. Per lungo tempo si teme che il Chiese si sia portato via anche un secondo bambino. Viene ritrovato: si era semplicemente allontanato per lo spavento. Sul posto arrivano i Vigili del fuoco di Vestone, i volontari ambulanza della Valsabbia, i Carabinieri di Idro.

In acqua, per cercare il ragazzino, dalla spiaggetta si è gettato Andrea, un uomo di Nozza. Sul muretto che fa da argine, sull’altra sponda, invece c’è Franco. Incuriosito dall’insolito movimento sulla piazza, dove sostano i mezzi di soccorso, è sceso a vedere. Adesso scruta il Chiese, riuscendo a intravedere le mutandine bianche del ragazzino nello scuro del fondo: «Eccolo, è lì», grida. Poche bracciate e qualche istante bastano ad Andrea per afferrare Fallou e trascinarlo a riva. Saverio, il capogruppo dei volontari delle ambulanze, gli pratica il primo massaggio cardiaco.

Sono minuti drammatici, di sospensione fra la speranza e la tragedia. Poi arriva l’eliambulanza dal Civile di Brescia, che porta il bambino al Giovanni XXIII. La notizia del dramma si diffonde velocemente a Nozza, Vestone, Mocenigo. Cominciano l’attesa e l’angoscia. La notte, il mattino. Rimbalzano le voci: «Il ragazzino è morto, no, sta meglio». La comunità senegalese si stringe intorno alla famiglia Diop. I compagni che hanno assistito alla disgrazia sono sotto choc.

Alle 11 del mattino una mamma senegalese è seduta col figlioletto sul marciapiede davanti all’ambulatorio medico di Nozza, che ospita anche la sede dei volontari dell’ambulanza. Scuote la testa. «Il mio bambino non ha dormito stanotte, ha gli incubi, è spaventato». C’erano anche loro l’altra sera nei pressi del Chiese, nei minuti del dramma. La donna ha le lacrime agli occhi. Racconta. «Ho avuto tanta paura. Sentivo le grida dei bambini: "Aiuto, aiuto"». Temeva per il figlio. Ma nel fiume c’era il suo amico. Durante la giornata le persone che sostano sulla passerella della greenway gettano uno sguardo al punto del fiume che ha inghiottito Fallou. «Speriamo che ce la faccia», dicono. È andata diversamente. Oggi potranno deporre dei fiori per un lutto dell’intera comunità.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato