Valsabbia

Quel maglio è una... fucina di storia

Alla Fondazione Civiltà Bresciana la presentazione del volume di Gianfranco Cretti, al quale si deve il recupero Enrico Giustacchini
A Nuvolento. Uno scorcio dell’interno del maglio, oggi visitabile
A Nuvolento. Uno scorcio dell’interno del maglio, oggi visitabile
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Una lunga, lunghissima storia. Fatta di pietre, ferro e sudore. È la storia del maglio di Nuvolento, che dal Medioevo è arrivato fino ai giorni nostri, prezioso scrigno di memorie e di antiche culture. L’esistenza dell’edificio, costruito sulla sponda del torrente Rudone, è attestata dai documenti già nel dodicesimo secolo. All’epoca, tuttavia, era un mulino.

La trasformazione in fucina avviene alla metà del Cinquecento, suggerita dagli sviluppi delle tecniche agricole e dall’incremento dell’attività di estrazione del marmo nelle vicine cave di Nuvolera e di Serle, con la conseguente, accresciuta necessità di utensili di ferro. Il maglio nuvolentese resterà in funzione per oltre quattrocento anni. Nel 1978 la chiusura definitiva e, con essa, l’abbandono e il degrado. Fino a quando Gianfranco Cretti decide di farlo rivivere. Una decisione presa per onorare la memoria della moglie scomparsa, Mariagrazia Bazzoli, che condivideva la passione per la ricerca storica (era stata, tra l’altro, presidente dell’Archeoclub cittadino) e che era particolarmente legata a Nuvolento, avendovi esercitato a lungo come medico di base. Così Cretti si è messo al lavoro per restaurare la struttura, coadiuvato dal fratello don Angelo, esperto medievista, e da alcuni volontari che hanno dato una mano, con la collaborazione dell’Amministrazione comunale, dell’Ecomuseo del Botticino, dell’associazione Custodi della Pieve e del locale Gruppo di protezione civile.

L’intervento, realizzato in gran parte, è un work in progress; da tempo, tuttavia, è già possibile effettuare visite guidate su prenotazione, telefonando al 348.5824106. All’interno dell’edificio, adibito a museo, sono esposte le attrezzature originali della fucina: il forno di fusione, la vasca per la tempra, l’affilatrice, oltre naturalmente all’imponente maglio. Ampia la raccolta dei manufatti, in prevalenza arnesi agricoli, per uso domestico e artigianale. Molto interessanti, all’esterno, sono i canali di raccordo con il Rudone, con le ruote che, mosse dall’acqua, consentivano al maglio di funzionare. Da vedere pure la «tina de l’óra», un pozzo in pietra dove l’acqua in caduta spingeva l’aria fino a una camera di compressione; da qui, l’aria veniva incanalata sino al forno, assicurando l’iperossigenazione indispensabile alla fusione.

Una vera e propria «macchina del vento», insomma. La storia dell’edificio è adesso raccontata in un volume riccamente illustrato, curato dallo stesso Gianfranco Cretti e edito dal Centro per la storia e l’arte del ferro della Fondazione Civiltà Bresciana. «Il recupero della fucina del maglio. Archeologia industriale a Nuvolento», questo il titolo, inquadra la vicenda nel più ampio panorama delle attività produttive che, nel corso dei secoli, si sono articolate potendo contare sulla presenza, nel territorio, di un fitto reticolo di corsi d’acqua, rogge e seriole.

Il libro sarà presentato giovedì alle 17, nella sede di Fcb, in vicolo San Giuseppe a Brescia, con l’intervento, a fianco del curatore, di mons. Antonio Fappani, del sindaco di Nuvolento, Giovanni Santini, e dell’assessore alla Cultura, Barbara Padovani.

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