Valsabbia

In Kenya è festa per suor Irene Stefani, Beata da Anfo

Fu sua l'intercessione nel miracolo della moltiplicazione dell’acqua nella chiesa di Nipepe, in Mozambico
  • Suor Irene Beata, le celebrazioni in Kenya
    Suor Irene Beata, le celebrazioni in Kenya
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«La sua compassione non conosceva confini di razza o di classe»: così il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha celebrato in un messaggio suor Irene Stefani, originaria di Anfo, beatificata oggi in una cerimonia nel campus della Dedan Kimathi University di Nyery, 150 chilometri a nord di Nairobi. Decine di migliaia di persone sono arrivate da ogni parte del Paese per assistere al rito - il primo in assoluto in Kenya - e rendere omaggio all’amata «Nyaatha», «Madre tutta misericordia», come la missionaria della Consolata veniva chiamata in lingua kikuyu.

  • Festa per la beatificazione di suor Irene Stefani
    Festa per la beatificazione di suor Irene Stefani
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«Da oggi suor Irene sarà chiamata beata», ha affermato il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar es Salaam, dopo aver letto la lettera di beatificazione di Papa Francesco. Per la cerimonia sono giunti dall’Italia anche i parenti della religiosa. «Sono molto felice di essere qui, l’ospitalità della gente di Nyeri è magnifica», ha commentato al giornale The Standard Giovanni Zecchini, 51 anni; sua nonna era la sorella di Irene, il cui volto campeggia oggi su tutte le prime pagine dei quotidiani.

Il Paese, del resto, non ha mai dimenticato l’adorata Nyaatha, che in Kenya - e nella vicina Tanzania - ha speso la sua vita di pioniera delle missioni, arrivando nel 1915 a Mombasa, quando l’evangelizzazione era all’inizio e scuole e strutture sanitarie erano praticamente inesistenti.

A soli 24 anni, la missionaria conosce un’unica frase in kikuyu: «Tokumye Yesu Kristo!», «Sia lodato Gesù Cristo». Eppure in poco tempo riuscirà a diventare l’angelo delle comunità locali. «Assiste tutti, parla di Gesù, catechizza, battezza», si legge nella sua biografia sul sito a lei dedicato (suorirenestefani.org) ed è anche la protagonista di coversioni clamorose, come quella del figlio di uno stregone.

Nel 1930, a soli 39 anni, curando un ammalato di peste a Ghekondi, contrae il morbo che la porterà al sacrificio della vita. «L’amore l’ha uccisa», diranno i giovani africani che aveva curato e assistito.

Suor Irene è diventata Beata perché è stata riconosciuta la sua intercessione nel miracolo della moltiplicazione dell’acqua battesimale nella chiesa di Nipepe, in Mozambico.

È un caldo 10 gennaio del 1989 quando un gruppo di 270 persone - mentre infuria la guerra civile tra le due fazioni Frelimo e Renamo - si rifugia nella chiesa parrocchiale. Vi sono bambini e famiglie che restano bloccati, sotto sequestro e con minacce d’uccisione, per tre giorni.

Il capo catechista permette a tutti di bere l’acqua battesimale per sopravvivere. Nel frattempo, si invoca il nome di Nyaatha. Miracolosamente, l’acqua del fonte si moltiplica. «Sembrava un albero che produceva acqua», ha confermato uno dei sopravvissuti.

Domenica i resti di suor Irene saranno traslati nella cattedrale di Nyeri. 

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