Valsabbia

Il segno dell'uomo paleolitico nella Grotta di Ernesto

Le prime analisi hanno evidenziato una fitta serie di segni fusiformi, sono oltre un centinaio: alcuni in buono stato di conservazione
Ausilio Priuli studia le pareti della Grotta di Ernesto
Ausilio Priuli studia le pareti della Grotta di Ernesto
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I segni della presenza dell’uomo incisi sulle pareti rocciose, nel cuore della terra. Ausilio Priuli, fondatore del Museo d’arte e vita preistorica di Capo di Ponte, nonché archeologo di fama, ha pochi dubbi. Quei segni sono antichissimi, forse di età paleolitica.

La scoperta è duplice, viaggiando sulla traiettoria breve che unisce una cavità che si apre sulle colline di Nuvolera - la Grotta di Ernesto, conosciuta popolarmente come «Büs de la cicia», ossia della capra - e il più noto Buco del Frate, in territorio di Prevalle.

Le incisioni parietali sono raccolte in una limitata porzione di parete verticale, di poco più di un metro quadrato. Le prime analisi hanno evidenziato una fitta serie di segni fusiformi per graffi ripetuti, oltre un centinaio: alcuni in buono stato di conservazione, altri invece meno.

«I segni - spiega Ausilio Priuli - hanno una sezione a V con bordi superiori smussati, sono fortemente ossidati e sigillati da una rilevante concrezione calcitica: indice sicuro, questo, di antichità. La loro forma, la disposizione in verticale e a gruppi, induce ad associare le incisioni della Grotta di Ernesto a quelle individuate in molte altre cavità italiane, dalla Grotta del Caviglione dei Balzi Rossi di Ventimiglia a quella del Giglio di Trapani, per fare solo alcuni esempi. Notevoli, in particolare, sono le somiglianze con i segni presenti nel Riparo del Romito di Papasidero, nel Cosentino, e nella Grotta Romanelli di Castro, nel Leccese».

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