Valsabbia

Donna trovata morta nel canale, il papà: «L'hanno ammazzata»

Parla Giovanni Mantovani, padre di Jessica, il quale da tre mesi convive con uno straziante dolore
Giovanni Mantovani, padre di Jessica - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Giovanni Mantovani, padre di Jessica - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Convive con il dolore da tre mesi. «E ogni giorno mi chiedo perché non sono andato a prendere mia figlia subito quella sera quando mi ha chiamato». E poi piange Giovanni Migliorati, il padre di Jessica, morta in circostanze misteriose. Per chi indaga è stata uccisa. «Scusi, ma tutte le volte che parlo di lei non riesco a trattenere le lacrime».

Inizialmente si era parlato di un possibile suicidio o di un incidente. Che idea si è fatto?
«Non ho mai creduto al suicidio perché Jessica era sempre solare e allegra. Lo hanno riconosciuto tutte le persone che sono venute a trovarci in quei giorni dopo la morte. Legga cosa ha detto il parroco al suo funerale e capirà chi era la nostra Jessica».

«La nostra cara sorella Jessica ha sempre avuto un sorriso per tutti in mezzo alle difficoltà della sua vita» sono le parole pronunciate dal parroco lo scorso 13 luglio.
«Vede che non mi sbagliavo. Non ha mai fatto del male a nessuno e aveva voglia di vivere. Certo da tempo era alle prese con dei problemi...».

Che tipo di problemi?
«Droga. Faceva uso di cocaina, ma noi non l’abbiamo mai abbandonata. È sempre stata in casa con me e mia moglie».

Quando l’ha vista l’ultima volta?
«La sera in cui è scomparsa. Sono stato io ad accompagnarla a casa di quell’uomo che oggi è indagato».

Sono accuse pesanti quelle mosse dalla Procura. Omicidio e occultamento di cadavere.
«Rispetto le indagini che da tre mesi vanno avanti. Aspettiamo di capire, ma io sono sicuro che è stata ammazzata».

Torniamo all’ultima sera in cui ha visto sua figlia.
«Ho accompagnato Jessica a Prevalle verso le 17. Lei mi ha chiamato alle 20.30 dal telefono cellulare di quell’uomo, chiedendomi se potevo andare a prenderla. Stavo ascoltando il Consiglio comunale e le ho risposto che sarei andato più tardi e le ho detto di aspettarmi. Attorno alle 21.30 ho richiamato quel numero e mi ha risposto la voce maschile dicendomi che mia figlia era già andata via da mezz’ora».

Poi, cosa è successo?
«Non sapevo dove cercarla. La mattina dopo non vedendola tornare a casa sono andato dai carabinieri e ho denunciato la scomparsa. Verso sera mi hanno chiamato i militari dicendomi che era stato trovato un cadavere nella centrale idroelettrica. Parlavano però di una donna di 50 anni di origini cinesi e ho tirato un sospiro di sollievo».

E invece...
«E invece il giorno dopo sono tornato dai carabinieri perché volevano sapere come era vestita mia figlia. Hanno comparato la mia descrizione con gli abiti della donna ritrovata e mi è crollato il mondo addosso».

Ha capito che si trattava di sua figlia.
«Mi hanno accompagnato al comando provinciale dei Carabinieri per l’esame del Dna, poi all’obitorio. Mai avrei pensato in vita mia di fare una cosa del genere: ho dovuto riconoscere il cadavere di mia figlia. Quella sul lettino era proprio lei».

Ora dopo la svolta nelle indagini e la contestazione del reato di omicidio, cosa pensa?
«È dura, molto dura per noi che siamo rimasti. La mia Jessica non tornerà mai più a casa, ma io voglio la verità. Verità e giustizia. È stata uccisa e abbandonata».

 

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