Valcamonica

Riecco il «Brè», re dei formaggi che abita sotto il castello

Come da tradizione il giorno dell’Immacolata è stata tagliata (e gustata) la prima forma dell’anno
Gusto e genuinità. La forma di 18 chili del celebre formaggio che in molti hanno potuto assaggiare venerdì a Breno
Gusto e genuinità. La forma di 18 chili del celebre formaggio che in molti hanno potuto assaggiare venerdì a Breno
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È una cerimonia semplice e genuina che stimola la salivazione dei presenti e che solletica l’olfatto, soprattutto dei veri intenditori. Nell’artistica chiesa di Sant'Antonio (non più adibita al culto) si respira il profumo intenso del «Bré», il formaggio prodotto esclusivamente nelle malghe del territorio comunale e stagionato 18 mesi nelle viscere del castello brenese, un formaggio a pasta dura che da qualche anno è diventato un simbolo del paese della media Valle che in questo modo pareggia il conto con una tradizione lattiero-casearia che si affida ad un patrimonio prativo d’alta quota tra i migliori di tutto il territorio lombardo e alpino in genere. Ormai sta diventando una tradizione affondare il coltello nella prima forma marchiata l’anno precedente proprio il giorno dell’Immacolata.

La festa. La cerimonia - che si è svolta venerdì - assume una sua solennità e richiama la curiosità di numerose persone. Madrina del taglio, quest’anno, Elena Ballerini, conduttrice di programmi Rai. Ma il gesto vero da tutti atteso è introdotto dal presidente dell’associazione Bré, Rosario Gelfi, e dal primo cittadino, Sandro Farisoglio. Il tutto avviene col contorno di autorità, curiosi, intenditori e degustatori ma anche di molti che non perdono l’occasione per assaggiare le generose «scaglie» che il sindaco stacca in continuazione da una forma di 18 chili.

Le malghe. La storia del «Bré» merita di essere raccontata per diverse ragioni. Anzitutto perché nasce in casa, nelle malghe comunali di Bazena, Bazenina, Val Bona, Gaver, Cadino Banca, Blumone, Laione, e Malghetta. E poi perché la sua stagionatura avviene in luogo nascosto e perfino un po’ misterioso se si pensa all’intreccio di gallerie che si dirama all’interno del massiccio roccioso sul quale è posto il vecchio castello di Breno. Un tempo, durante il Secondo conflitto mondiale, qui si entrava per difendersi dalle incursioni aeree. Spesso vi si infilavano intere scolaresche in attesa che passasse il peggio, e in paese sono ancora molti quelli che ricordano fatti e circostanze precise. Ebbene, in un tratto di queste ragnatela sotterranea vengono poste a stagionare, sul finire dell’estate, le forme prodotte in alpeggio. Qui rimarranno per il tempo previsto dal disciplinare e fino a quando l’occhio e il naso esperti riterranno che è giunto il momento di metterlo in tavola. Le pesanti forme vengono sistemate su apposite «scalere» dove possono beneficiare di un microclima costante, sia per temperatura sia per umidità per tutto l’arco dei dodici mesi. Non è cosa da poca, a cui va aggiunto il fatto che si tratta di ambiente assolutamente naturale.

Che bontà. È chiaro che nessun luogo, per quanto eccezionale, sarebbe in grado di fare miracoli se la materia all’origine non fosse di prima qualità. In questo caso a fare la differenza contribuiscono la ricchezza dei pascoli e la mano abile dei casari che sanno cogliere il momento giusto per la salatura a mano accompagnata da una pulitura attenta e costante. Il Bistrot Domenighini e la Gastronomia Sedani per il taglio della prima forma hanno preparato in piazza Sant’Antonio due ricette con il «Bré». In centro c’è chi assaggia, chi commenta, chi apprezza, chi compera. Il «Brè» sembra aver conquistato il palato dei brenesi, e non solo.

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