Valcamonica

I 104 di nonna Rina e «quella mattina brutta del Gleno»

Caterina Minini ha superato il secolo e rivive il ricordo della tragedia del 1923
Caterina Elisabetta Minini, «nonna Rina», di Mazzunno - © www.giornaledibrescia.it
Caterina Elisabetta Minini, «nonna Rina», di Mazzunno - © www.giornaledibrescia.it
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Caterina Elisabetta Minini, nel giorno dei suoi 104 anni, ha fatto il pieno di auguri e ha regalato confetti e sorrisi.

A lezione di vita da «nonna Rina» di Mazzunno di Angolo Terme che nella sua poltrona della casa di via Bregno, venerdì scorso ha tagliato il traguardo di 104 primavere: tante per noi, tantissime per lei che guarda in diretta tv il rosario da Lourdes e ripete sorridendo che «è ora di andare perchè non voglio essere un peso».

Ma nonna Caterina va custodita come patrimonio pubblico, perchè è una enciclopedia di ricordi: se la memoria non inganna, i suoi occhi piccoli sono gli ultimi che hanno visto e possono raccontare la tragedia del Gleno. «Se mi ricordo quella mattina? E come si fa a dimenticare», risponde in dialetto facendosi improvvisamente seria. «Avevamo la prima casa all’inizio della via e intorno c’erano solo prati: l’acqua del Gleno è venuta su fino al piano terra. È stata brutta, brutta...».

La mano copre gli occhi per scacciare le immagini di quel primo dicembre 1923 quando il crollo della diga in val di Scalve si portò via 400 persone. «C’era una famiglia che viveva giù alla centrale sul Dezzo - racconta Rina -. I due figli erano andati a Messa prima: quando è arrivata l’acqua ha portato via la casa e tutta la famiglia e sono rimasti indietro due bambini orfani». Questa donna che oggi racconta dalla sua poltrona di casa, è cresciuta col Gleno negli occhi e la fatica come pane quotidiano: su e giù dai campi con la gerla carica di fieno, su e giù dalla cascina in montagna per la quotidiana staffetta di sopravvivenza.

Nel 1950 sposò Pietro Maisetti e nacquero i figli Giusy ed Elia. Rimasta vedova nel 1980 ha vissuto in piena autonomia fino alla soglia dei cento anni: poi, gli acciacchi l’hanno portata in casa della figlia, col genero Adriano e la nipote Enrichetta e dove, ogni tanto, a tavola spunta ancora «polenta e fiurit».

«Oggi c’è di tutto e non si è mai contenti» - ammonisce con severità -. Troppo buontempo». Troppo e prezioso è anche il tempo che ci ha dedicato, in questo pomeriggio di inizio autunno. Auguri, nonna Rina: ci si vede ai 105.

 

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