Medicina, il rettore: «Come funzioneranno i nuovi test d’accesso»

Mancano ancora i decreti attuativi, ma dopo l’abolizione del test di medicina per come lo conosciamo si stanno delineando sempre meglio le future modalità di accesso alla facoltà di Medicina.
I corsi e gli esami
«In questi mesi – spiega il rettore dell’Università degli Studi di Brescia Francesco Castelli – si sta discutendo molto su come funzionerà l’accesso a Medicina e le notizie delle ultime ore riguardano principalmente le tre materie oggetto d’esame, ovvero chimica e propedeutica biochimica, fisica e biologia. Si tratta delle materie che nei fatti verranno insegnate nei primi mesi di accesso libero (settembre, ottobre e metà novembre), alle quali potranno partecipare tutte le persone che lo richiederanno, senza numero chiuso. Il programma – spiega – sarà uguale in tutta Italia, e anche in questo caso si sta lavorando a un syllabus condiviso».
Dopodiché, gli studenti e le studentesse che avranno seguito i corsi potranno partecipare a due sessioni d’esame, una a fine novembre e una a metà dicembre, illustra Castelli. «I risultati daranno vita alla graduatoria nazionale. I primi in graduatoria potranno scegliere la sede che preferiscono, fino alla concorrenza del numero stabilito che ogni ateneo può offrire. A Brescia, per esempio, possiamo accogliere 300 matricole, non una di più. Dunque ora, anche se lo si chiama in maniera diversa, il numero programmato rimane».
Cosa cambia
L’abolizione del numero chiuso non significa dunque che tutti potranno avere accesso alla facoltà. «L’unica differenza è che se prima l’esame era a crocette e di cultura generale – poco selettivo per medicina – ora i temi sono medico-biologici. Questo significa che chi non viene selezionato potrà fare valere gli esami, se superati, in altri corsi di laurea che li prevedono».
Rimangono tuttavia alcuni punti oscuri, secondo il rettore. A partire dalla quantità di didattica propedeutica concessa in presenza e quanta erogata in via telematica. «Sarà simile in tutte le università o ci sarà un po’ di autonomia a seconda delle strutture che si dispongono?», si chiede Castelli.
Capienza
L’Università degli studi di Brescia, per esempio, si aspetta che ai corsi aperti si iscrivano 1000, 1200 persone. Il calcolo è presto fatto: «Gli anni scorsi su base nazionale sono state presentate 60/70mila domande per 20mila posti. Questo significa che c’è un posto ogni 3 o 4».
A questo calcolo si aggiunge quello ancora più variabile delle persone che a cascata potrebbero ripresentarsi negli anni successivi nel caso in cui non passino l’esame o non rientrino nella graduatoria dei primi 20mila candidati. «I numeri saranno sempre più importanti», fa notare il rettore. «Gli aspiranti studenti che restano fuori il primo anno si sommeranno a quelli che si iscriveranno a quello successivo. Il primo anno quindi ci sarà da capire quali sono le novità, concretamente, dopodiché cercheremo di gestire le difficoltà logistiche. Ma faremo del nostro meglio».
Tutto, ad ogni modo, è possibile e probabile, ma non ancora definitivo. «Non essendoci ancora decreti attuativi – conclude Castelli – sono considerazioni e ipotesi provvisorie».
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