La Cattolica di Brescia laboratorio nazionale per la messa alla prova di minori autori di reato

Barbara Fenotti
Presentato oggi il progetto: i giovani saranno accolti in università e seguiti da un'equipe di giovani professionisti
Messa alla prova in università
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Quello presentato oggi pomeriggio al campus di via Della Garzetta dell’Università Cattolica è un progetto innovativo e unico in Italia, che potrebbe diventare un modello da esportare anche fuori dai confini del Bresciano.

Si chiama «Messa alla prova in Università», è un nuovo modello per il recupero di minorenni che hanno commesso reato ed è stato ideato dal servizio di Psicologia clinica e forense e dal dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica con la partecipazione della direzione generale per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero di Grazia e Giustizia.

Illustrato nel corso del seminario «Percorsi di giustizia», consiste nell’accogliere in università un gruppo di minori che hanno commesso reati e sono stati inseriti in procedimenti penali. Qui verranno seguiti da un'equipe di giovani professionisti, studenti della Scuola di specializzazione in Psicologia clinica della medesima facoltà. Per ogni minore verrà realizzato un Piano educativo individualizzato, che potrà prevedere azioni socialmente utili per l'apprendimento e lo sviluppo di competenze e abilità.

Esempi

Un esempio può essere l’impiego della persona in attività segretariale di supporto alla ricerca come la trascrizione di interviste, l’inserimento di dati, la correzione di bozze e l’esecuzione di ricerche bibliografiche, ma anche l’affiancamento logistico nella realizzazione di iniziative di carattere scientifico e culturale.

Oltre che rappresentare una occasione per sviluppare e valutare la capacità di portare a termine un impegno, questo genere di azioni costituisce anche un momento utile per apprendere conoscenze e competenze relative all'utilizzo di tecniche informatiche e di allenarsi a sviluppare procedure comunicative pubbliche e istituzionali all'interno di gruppi di lavoro professionali.

Va tenuto conto del fatto che un contesto sociale e relazionale non squalificante, almeno sotto il profilo della percezione sociale e istituzionale, come quello dell’università, favorirebbe la «valorizzazione psicosociale del sé» e la possibilità di vivere il percorso in termini non punitivi, bensì riparativi e riabilitativi.

Tribunale per i Minori

«Tutto ciò che viene fatto in termini di prevenzione prima e durante il percorso di giustizia minorile è un investimento che ha un sicuro ritorno dopo qualche anno - ha sottolineato la presidente del Tribunale per i Minori di Brescia, Cristina Maggia -. Questa è l’unica strada percorribile per attuare quello che la Costituzione ci impone, cioè di agire per il recupero e l’educazione dei ragazzi, per riportarli sulla strada retta di vita affinché non diventino un costo per la collettività, perchè un ragazzo non recuperato è soltanto punito e avrà un destino delinquenziale tracciato. Quindi, oltre a essere una persona che è infelice, peserà sulla collettività sotto diversi punti di vista».

Un altro strumento che verrà adottato anche in Cattolica è quello della Trekking therapy rivolta a minori, già sperimentata con successo in altre realtà del Penale minorile e della giustizia riparativa del Bresciano con un gruppo di ragazzi adolescenti colpevoli di reati minori legati al furto e allo spaccio, che è stato coinvolto in un percorso di 6 giorni, 135 chilometri e 38 ore di cammino attorno al Lago di Garda.

«Il progetto Messa alla prova in Università scaturisce dai positivi risultati sin qui ottenuti - precisa Giancarlo Tamanza, coordinatore del progetto - e intende sviluppare in modo più compiuto e integrato le linee teorico-metodologiche ed operative che sono state alla base delle precedenti esperienze ma con un aspetto inedito: l'assunzione, da parte dell'Università, di un ruolo centrale nell'articolazione organizzativa e nella realizzazione operativa dell'intervento».

Novità nazionale

Un aspetto del tutto nuovo e mai sperimentato a livello nazionale, che al contempo rappresenta un elemento di valore specifico sia per quanto riguarda la possibilità di validare scientificamente il modello di intervento sia perché promuove l'attivazione trasversale di aspetti sociali e culturali e facilita, poi, la disseminazione e la generalizzazione dei risultati ottenuti». L'ottica è, quindi, quella di condurre una ricerca-intervento e una sperimentazione sociale nell'ambito Penale minorile e della giustizia riparativa, integrando aspetti di carattere scientifico-culturale con azioni di intervento socio-educativo e di promozione e diffusione di sensibilità culturale, civica e sociale.

Il fenomeno della devianza minorile si è evidenziato con maggiori criticità nel periodo post-pandemico, ma la possibilità di mettere in atto pratiche di intervento è risultata difficile a causa di alcune criticità strutturali della rete dei servizi, nonostante la presenza sul territorio di alcune risorse culturali e sociali che hanno sviluppato esperienze innovative nell'ambito della giustizia riparativa e del trattamento penale minorile.

È stato evidenziato un generale aggravamento delle loro condizioni psichiche, al punto che risulta sempre più evidente la valenza sintomatologica del reato: alla radice, cioè, risultano esserci in misura crescente gravi problematiche psico evolutive, con elementi importanti di comorbidità psicopatologica, piuttosto che l'appartenenza a contesti socioculturali deprivanti o marginali, come mette in luce anche l'incremento di reati di natura violenta (aggressioni fisiche, realizzate spesso in forma gruppale) o che coinvolgono l'area della sessualità.

«I ragazzi riflettono quella che è la disfunzione presente nel mondo degli adulti - ha precisato Giuliana Tondina, procuratrice del Tribunale per i minorenni di Brescia -, con quell’assenza di vie di mezzo, o è tutto bianco o tutto nero, che è tipica dell’età dell’adolescenza».

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