Fabio Novembre all’Accademia: «I nomi sono importanti, re-immaginate le cose da zero»

Sara Polotti
L’architetto e designer ha tenuto alla SantaGiulia una lectio magistralis per l’anno accademico 2023/2024 parlando di incipit, piccole cose e contaminazione
Hdemia Santa Giulia, nuovo anno
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«HDEMIA, scritto così, fa schifo». Fabio Novembre, architetto e designer, ha aperto l’anno accademico 2023/2024 dell’Accademia SantaGiulia con la lectio magistralis «Dal cucchiaio alla città» e non ha nascosto la sua impertinenza di artista provocatore, denigrando (solo in apparenza? Chi lo sa) la strategia comunicativa dell’istituto ospitante.

Per augurare a studenti e studentesse un buon percorso di studi – dopo i saluti di tutte le istituzioni civili, accademiche, religiose e militari – è partito proprio dall’importanza dei nomi per parlare di impressioni, punti di vista e belle arti.

Il primo consiglio di Novembre agli studenti dell’Accademia del Gruppo Foppa, che si trova in via Niccolò Tommaseo in città, riguarda proprio gli inizi, gli incipit, i nomi che diamo alle cose. L’accademia, dice, è il luogo dello studio delle materie più raffinate, ma non solo le belle arti. «Il termine deriva dal greco e indicava la scuola filosofica di Platone». Chiamare Hdemia un’accademia, per lui, la sminuisce, perché ne annulla l’etimologia. Anche perché i nomi influenzano le cose. «Il mio cognome è Novembre, il mese dei morti, del grigiore autunnale. Ecco perché ho chiamato i miei figli Verde, Celeste e Rosso, dando una diversa impressione».

  • Fabio Novembre all'Accademia SantaGiulia
    Fabio Novembre all'Accademia SantaGiulia - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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  • Fabio Novembre all'Accademia SantaGiulia
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    Fabio Novembre all'Accademia SantaGiulia - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it

Anche il nome della professione è importante. L’appellativo «designer», per esempio, ha tanti significati, ma prima di tutto parla di italianità. I più grandi architetti e le più grandi architette hanno infatti deciso, nel secolo scorso, di scostarsi dalle regole del mercato edile, cambiando scala e disegnando anche cose «piccole». Perché il designer è colui o colei che progetta cose «tra la città e il cucchiaio». «In Italia siamo bravissimi perché i designer hanno iniziato a collaborare con i mobilieri, per non avere a che fare con gli speculatori edilizi. Ecco perché Sottsass ha fatto un cucchiaino per Alessi. Ed ecco perché un piccolissimo intervento può essere importante al pari di un enorme edificio. Oggi abbiamo un’urbanizzazione disgraziata, soprattutto sulle coste, perché in effetti le architetture sono di basso rango. Ma dall’altra parte abbiamo oggetti meravigliosi disegnati da Gae Aulenti, dai fratelli Castiglioni…».

Il fatto di essere tanto architetto quanto designer, nel suo caso, è parte di una filosofia di contaminazione più generale. Novembre «si macchia con tutto». Si macchia con il barocco della sua città d’origine, Lecce, che mischia al design più minimal. Si macchia con cose a lui lontane occupandosi volentieri del design dei palchi di tour di artisti tra i più acclamati (come Laura Pausini, ma anche Blanco, del quale ha firmato anche la casa gardesana). Si macchia disegnando l’interno di negozi che vogliono progetti «fighetti», aggettivo che non sente suo.

L’altro consiglio per studenti e studentesse è «re-immaginare le cose da zero», che poi è quello che fa lui da quando, alla fine degli anni Novanta, ha iniziato il suo percorso. Il suo primo vero oggetto di design industriale fu il tavolo con 172 gambe che nel 2001 propose a Cappellini: conteneva tanti semi della sua filosofia estetica, quella filosofia che si legge nei suoi lavori successivi, dalle maglie disegnate per il Milan al museo della stessa squadra, dagli alberi-dissuasori per limitare il parcheggio selvaggio dei milanesi (pubblicizzando allo stesso tempo la Cinquecento Cabrio) e fino al suo home studio che prende spunto dal Paradiso terreste, «perché, da ex chierichetto, non ho mai accettato che Adamo ed Eva venissero cacciati da lì».

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