Cosa dice il Bilancio di genere dell’Università degli Studi di Brescia

Barbara Fenotti
La presenza di donne è maggiore ai livelli più bassi dell’organigramma, ma diminuisce nettamente nei ruoli più elevati: è uno degli aspetti rilevati dal report della Commissione presieduta da Mariasole Bannò
Disparità di genere
Disparità di genere
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Come ogni cambiamento culturale anche quello del raggiungimento della parità di genere in ambiente universitario richiede del tempo.

All’Università degli Studi di Brescia, sebbene a piccoli passi, le cose si stanno muovendo ed è in fase di consolidamento un trend positivo. Va premesso che la situazione di partenza non è delle più bilanciate: specialmente quando si parla di ruoli apicali come quello rappresentato dal docente di ruolo, i maschi sono in netta maggioranza. A Scienze mediche, per esempio, il corpo docente ordinario è composto da 49 uomini e le donne sono solamente 6, mentre a Ingegneria Industriale e dell’Informazione i professori sono 39 contro 7 professoresse.

Anche in Cattolica, dove pure lo scorso giugno Elena Beccalli è stata eletta prima rettrice nella storia dell’ateneo ed è attiva una Commissione per le Pari opportunità e l’Inclusione, permane una disparità: su 1.318 docenti di ruolo tra le diverse sedi nazionali il 60% è maschio e il 40% femmina.

All’Università degli Studi le cose, come accennato in precedenza, hanno iniziato a cambiare a passo più spedito con l’istituzione, tre anni fa, della Commissione Genere presieduta dalla docente Mariasole Bannò, deputata all’implementazione del «Gender equality plan» con l’obiettivo di integrare le politiche di pari opportunità nei documenti programmatici dell’amministrazione d’ateneo.

Cosa fa la Commissione

«Siamo l’unica università italiana con una Commissione dedicata alla quale viene messo a disposizione un budget triennale per una pianificazione che non sia solo di buoni intenti» spiega Bannò. E in effetti la Commissione è molto attiva, come dimostrano le numerose attività svolte, tra cui la sensibilizzazione nelle scuole sulle materie Stem per avvicinare le ragazze, la realizzazione di un vademecum per un linguaggio inclusivo, mostre, campagne di comunicazione e indagini interne.

Il simbolo di questo impegno è costituito però dal Bilancio di genere introdotto tre anni fa e revisionato quest’anno riferendosi a dati del 2021. Con questo documento, «che entra a tutti gli effetti nel piano strategico d’ateneo – annuncia Bannò –, la parità di genere si conferma un obiettivo strategico supportato dalla governance del rettore Francesco Castelli».

Cosa c’è nel Bilancio

Il Bilancio di genere mette in luce una maggiore presenza delle donne ai livelli più bassi dell’organigramma istituzionale. Una tendenza, questa, che si riflette anche nella progressione di carriera, con una netta diminuzione della presenza femminile nei ruoli più elevati, come evidenziato dalla bassa percentuale di professoresse ordinarie.

E c’è di più: le donne, in questo caso le ex studentesse, risultano svantaggiate anche dal punto di vista economico. A un anno dalla laurea infatti vengono pagate meno dei colleghi maschi e tale differenza aumenta col tempo (a 5 anni una laureata magistrale in Ingegneria prende 1.790 euro contro i 1.937 del collega). La prevalenza maschile si ha anche nel numero di dottorandi con 174 uomini e 125 donne.

Dall’analisi dei corsi di laurea emerge quindi che 18 sono quelli a prevalenza maschile (51,4%) contro i 12 a prevalenza femminile (34,3%) e 5 neutri rispetto al genere. «L’auspicio è che il divario possa appianarsi nell’arco di un paio di decenni – conclude Bannò –. Contribuiremo, per quanto possibile, a fare in modo che questo avvenga tramite la Commissione Genere, che vede coinvolti in prima persona molti tra studenti e studentesse».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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