Addio al test d’ammissione a Medicina: c’è il primo sì

Test d’ammissione a Medicina addio: in un futuro non troppo lontano l’iscrizione al primo semestre di studi per chi sogna di indossare il camice bianco potrebbe essere libera. Il numero chiuso, del quale si discute tanto, non verrà però cancellato del tutto: l’ammissione al secondo semestre sarà infatti vincolata al superamento degli esami e al posizionamento raggiunto dallo studente in una non meglio definita «graduatoria di merito nazionale» con l’intento di rispettare «il fabbisogno di professionisti determinato dal Sistema sanitario nazionale» e la disponibilità di posti nelle scuole di specialità dopo la laurea.
Lo stabilisce il testo base adottato venerdì, quasi all’unanimità, da un comitato ristretto della Commissione Cultura del Senato con un primissimo «sì» che getta le basi di un lungo iter.
I punti chiave
Entrando nel merito della questione il documento (che ovviamente potrà subire delle modifiche) prevede «ai fini del potenziamento del Ssn» che l’iscrizione al primo semestre dei corsi di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, in Odontoiatria e protesi dentaria e in Medicina veterinaria sia «libera».
E che l’ammissione al secondo semestre sia «subordinata al conseguimento di tutti i crediti formativi universitari» nonché «alla collocazione in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale».
Una scrematura, insomma, ci sarà. E chi non supererà questa fase potrà utilizzare i crediti accumulati per passare a un altro corso di laurea indicato come seconda scelta già al momento dell’iscrizione. Queste, in sintesi, le novità di un testo base che sottolinea anche l’importanza di garantire l’allineamento tra il numero di iscrizioni al secondo semestre e il fabbisogno del Ssn. E di rendere questo numero sostenibile «anche attraverso il potenziamento delle capacità ricettive delle università».
In Statale
A Brescia il numero di studenti programmato per l’anno in corso è 300 per Medicina e chirurgia (290 comunitari ed equiparati più 10 non comunitari residenti all’estero) e 20 (comunitari ed equiparati) per Odontoiatria e protesi dentaria. Tale, sostengono in Statale, è la «capacità formativa» dell’attuale ateneo.
Ateneo dal quale ci fanno sapere che, post-riforma, le lezioni frontali del primo semestre potrebbero essere erogate anche a distanza. L’iter, comunque, è agli albori. I tempi non sono noti (così come molti altri dettagli) e l’entrata in vigore della legge non è prevista prima del 2025-2026. Sono confermate quindi le prove di ammissione del 28 maggio (al Centro Fiera di Montichiari) e del 30 luglio (al Brixia Forum): in 100 minuti i candidati dovranno rispondere a 60 domande scelte tra oltre settemila quesiti. Nelle due sessioni del 2023 si presentarono 3.277 studenti.
La discussione
Le novità fanno discutere. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici ha ribadito contrarietà all’abolizione del numero programmato: «Apprezziamo l’intenzione di correlare il numero degli studenti ai fabbisogni di professionisti e al numero delle borse di specializzazione. Nutriamo tuttavia perplessità sulle modalità di attuazione».
«Il problema - osserva Angelo Rossi, segretario provinciale della Federazione italiana medici di medicina generale - sarà gestire il numero di studenti nelle università specialmente i primi anni e trovare soluzioni intermedie per eventuali abbandoni. Bisognerebbe rivedere il piano di studi in quanto a durata: sei anni sono molti. E magari prevedere l’accesso in specialità, comprensiva della medicina generale, dal quarto o quinto anno di università, per avere professionisti pronti in età non troppo avanzata, su modello statunitense. La risposta dovrebbe, insomma, avvenire a più livelli. Non basta un "liberi tutti" se poi non ci sono aule e professori per gestire gli studenti con il rischio di abbassare ulteriormente il livello della formazione».
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