Cultura

Liberato e Francesco Lettieri, gli amici geniali

Il primo disco di Liberato è accompagnato da un videometraggio in cinque episodi di Francesco Lettieri: applausi e consenso unanime
La scena finale di Capri Rendez-Vous
La scena finale di Capri Rendez-Vous
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Tra Alfred Hitchcock e Wong Kar-wai, Peppino di Capri e Jean-Luc Godard, Brigitte Bardot e Martin Parr, James Senese e Pier Paolo Pasolini, Chris Marker e Nanni Moretti: alla fine dei titoli di coda di Capri Rendez-Vous Francesco Lettieri disegna una costellazione di personaggi che hanno fatto o fanno ancora la storia, per quanto riguarda cinema, fotografia, musica e letteratura, ringraziandoli per l’ispirazione ora che è giunto al suo primo, al suo primo... come chiamarlo? Non è un film, è più di un video musicale: facciamo videometraggio. È il racconto per immagini di una storia d’amore che accompagna le canzoni inedite del primo album di Liberato, di cui il regista campano e romano d’adozione ha fin dal principio ha curato i videoclip pubblicati su Youtube, e chi si ricorda più di Mtv o Videomusic?, tra l'altro.

 

Bomber e cappuccio calato in testa: Liberato
Bomber e cappuccio calato in testa: Liberato

 

Lettieri illustra, abbraccia, fa danzare, insomma esalta le canzoni del musicista misterioso che ha scelto le 23.59 del 9 maggio per l’esordio su lunga distanza, intitolato semplicemente Liberato, rispettando la cabala di numeri e date che lo hanno reso sempre così intrigante, anche se oggi è più cool dire che non interessa chi sia, conta la sua musica, e con piacere salutiamo la nuova tendenza (poi nel segreto uno continua a chiedersi chi è o magari lo sa già e sta tranquillo).

 

 

I cinque episodi di Capri Rendez-Vous (riferimento a Peppino di Capri e al suo pezzo Rendez-Vous) iniziano nel 1966 e arrivano fino al 2019, raccontando del bel Carmine, l’Elvis Esposito già perfidissimo nella serie Rai L'amica geniale, e dell’inquieta Marie, attrice francese impersonata da Jessica Cressy. Si amano giovani mentre lei sta terminando le riprese di un film col regista Dino Linetti, interpretato da Giovanni Ludeno, e continueranno a farlo a modo loro anche invecchiando. Lettieri segue le tappe della loro liaison muovendosi nel passato, dopo il ’66 arrivano il 1975 e il 1993, e spostandosi tra stili e generi cinematografici. L’inizio omaggia un certo cinema italiano, forse più Roberto Rossellini che il Dino Risi messo nei ringraziamenti, mescolato alla Nouvelle Vague, la cui impronta resta nel dialogo tra Dino e Marie, mentre camminano lungo la costa rocciosa al termine delle riprese. «Il tempo si porta via tutto, Marie. Io amo il cinema per questo, perché lì ogni momento rimane per sempre. Poi subito mi rendo conto che è un'illusione», dice il regista e già sembra di trovarsi davanti a uno spezzone di Godard (da qualche parte si vede anche la villa di Malaparte teatro del Bandito delle ore 11, dunque tutto torna).

 

 

L'episodio del 1975 ci ha fatto pensare a Fernando Di Leo. Non per la violenza, assente, ma per la scena in discoteca, e d’altronde il cinema italiano all’epoca era anche quella cosa lì, quindi il riferimento, voluto o casuale, ci può stare.

 

 

 

Nel 1993 c’è forse l’episodio più debole, il quarto, a partire dal fatto che a Esposito la barba proprio non stia bene, mentre, sorvolando sui discorsi estetico-cinefili, il gran finale arriva con «Niente». Stupenda sequenza di fotografie, e qui si vede sì Martin Parr, che come una poesia seguono l’addio di Marie a Capri. Non tanto all’isola, ma al mondo sentimentale che ha dato forma alla sua vita. Aggiungiamo solo che Anna Rupe, pure lei misteriosa, si prende la scena in maniera fantastica, in questo fotoromanzo con la canzone più bella tra quelle di Liberato che ancora non avevamo sentito. Un lento, apoteosi del sentimento melò esplorato in tutte le sue sfaccettature dal 13 febbraio 2017, quando uscì «Nove maggio». All’epoca Liberato teneva «o' core che nun può purtà paziènz». Adesso, al suo amore, dichiara senza mezzi termini che «quann t n vaje nun sent cchiu nient/quann nun ce staje nun sent cchiu nient». 

 

 

Liberato riesce a librarsi col suo cuore neomelodico intrecciando musica elettronica, con suoni e ritmi che ritornano citandosi tra i diversi brani, assieme al cantanto in napoletano, in inglese o in spagnolo. Saltella tra le lingue, tra le espressioni affettuose, con la stessa grazia con cui si muove sui beat. È incredibile quanto sia in grado di fare combinando una serie di elementi che in due anni sono cambiati di poco, ma hanno reso moltissimo, senza noia o ripetizioni. Alzando sempre il livello, con obiettivi più grandi, restando fedele alla propria estetica.

 

Francesco Lettieri, al centro. Il terzo da destra è il bresciano Pietro Comini - Foto Facebook
Francesco Lettieri, al centro. Il terzo da destra è il bresciano Pietro Comini - Foto Facebook

 

Francesco Lettieri dirige l’immagine associata a questa musica citando, citandosi, a volte giocando, come in Gaiola Portafortuna, altre costruendo delicati ritratti umani, tipo Me staje appennen’ amò. La sua mano si vede, anche se i contesti cambiano. È la mano, e sono gli occhi, di chi ama il cinema e lo applica alla musica. Si merita dunque il boom, qualcuno più alla moda direbbe effetto wow, che sta accompagnando Capri Rendez-Vous. Un lavoro in cui peraltro si è avvalso di ottime competenze bresciane, vale a dire quelle dell'operatore Pietro Comini per le riprese, di Mauro Rodella per il montaggio e della casa cinqueesei per la post produzione. Se vi vengono in mente altri esempi di questo livello, almeno in Italia, fatecelo sapere. «Ciento bomb'/Ma nun sent' 'a bott'/Je cu' tte ce so' rimast' asott'»: vale per molti, a quanto pare.

 

 

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