Virgilio, una vita sui pattini: a 95 anni il suo volo è leggenda

Vincenzo Cito
Franciacorta, Parigi e poi Brescia: è stato campione italiano velocità nel Dopoguerra, sulle rotelle si cimentò poi nell’hockey. Ha avviato tanti giovani alla sua amata disciplina, di cui è stato anche istruttore
Virgilio con gli amati pattini - © www.giornaledibrescia.it
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Ha appena 14 anni Virgilio Picinelli quando, durante la Seconda guerra mondiale – sotto il giogo dell’occupazione tedesca – la sua famiglia è costretta a sfollare a Corneto, una frazione di Rodengo Saiano. Ha un solo modo per tornare in città, dove ha trovato lavoro come operaio alla Breda, ed è quello di muoversi sui pattini a rotelle, unico mezzo di locomozione per i ragazzi di allora. Per comprarsene di nuovi – visto che lo stipendio lo porta tutto a casa – si trova un’occupazione extra, quella di rifornire di materia prima un negozio di frutta e verdura nel centro storico.

Ricordi

«Per raggiungere il mercato partivo all’alba – ricorda oggi – su vecchie strade in terra battuta, e la mia giornata terminava solo alla sera. Però riuscii nel mio intento e con 12 lire mi recai in un negozio di articoli sportivi per coronare il mio sogno». Da allora in poi, la sua corsa non si è più fermata. È stato pattinatore su strada e campione italiano, giocatore di hockey a rotelle e quindi allenatore e divulgatore. La sua traiettoria di vita si è incrociata con quella di generazioni di praticanti, attraverso la partecipazione a centinaia di gare, e si è interrotta solo a 70 anni, quando, senza dirlo a moglie e figli, continuava a pattinare in incognito.

«Mi trovai un’attività di copertura – sorride –. Quella delle bocce, per non dare nell’occhio quando uscivo la sera. Invece avevo trovato una delle poche piste ancora aperte in provincia. Una sera, disturbato da un ragazzino, finii a terra, mi feci male, dovettero ricoverarmi e fui scoperto. Era poco credibile la versione che mi fossi fatto male mentre andavo a pallino. Da allora in poi mi marcarono stretto e, a malincuore, ho dovuto ritirarmi».

In attività

Oggi, che di anni ne ha 95, Picinelli si tiene ancora in attività. «Persino durante il lockdown non stava mai fermo – sospirano i figli –. Camminava in casa lungo il corridoio col cronometro in mano, per vedere quanto ci metteva». Ed è quello che fa anche adesso, tra un racconto e un ricordo, testimone eccellente di un’epoca irripetibile, quella di cui è stato protagonista assieme ai grandi uomini e alle eccezionali donne che hanno rimesso in piedi un Paese uscito devastato dal confitto.

Testimone

L’Italia che rinasce tra le macerie vede Virgilio in prima fila, importante sostegno della famiglia. «Ricordo quando si sparse la voce che a Gardone Valtrompia, in una forneria, era disponibile il pane bianco, che non mangiavamo da anni. A comprarlo ci andai io, ovviamente con i pattini». Se li porta anche a Parigi, in cerca di un lavoro. «Utilizzavo gli spazi riservati ai tram, inseguito dai vigili – ricorda –. Una volta trovai riparo in un negozio di alimentari. Impietosita, la commessa mi regalò pane e formaggio francese, ne ricordo ancora il delizioso sapore».

La sua avventura di emigrante dura poco. «La mia prima paga? Un pugno di castagne. E allora, fame per fame, decisi di tornarmene a casa». Qui trova altri complici, i ragazzi che come lui sfrecciano a tutta velocità sui pattini, giù a rotta di collo dalla Tomba del Cane contendendo gli spazi alle prime auto che cominciano a girare.

Il titolo italiano

Picinelli in azione con la maglia della Fulmine - © www.giornaledibrescia.it
Picinelli in azione con la maglia della Fulmine - © www.giornaledibrescia.it

Il gioco diventa sport, e il 21 settembre 1952 conquista il titolo italiano di velocità su strada con la maglia del Csi Bettini. Intanto, trova occupazione stabile, come responsabile degli uffici acquisti, ai Grandi Magazzini 33 di corso Mameli, storico negozio del tempo. È l’epoca in cui cambia anche nome, gli piace quello di Sandro. «Ottimo sistema per uscire con due ragazze diverse. Poi mi innamorai di Francesca e non ci siamo più lasciati fino alla sua scomparsa nel 2017. Senza di lei, più nulla è stato come prima».

L’eredità

Se ne sono andati anche carissimi amici con cui ha condiviso un pezzo di storia. Resta l’esempio e l’eredità sportiva che ha lasciato ai giovani, perché ne ha avviati tantissimi alla sua amata disciplina di cui è stato anche apprezzato istruttore, tutto all’insegna del più squisito dilettantismo. «Mai guadagnato nulla, e mi hanno anche rubato i trofei che tenevo in casa. Siamo cresciuti così, accontentandoci di poco e vivendo lo sport soprattutto come divertimento. Ricordo quando prima di una corsa l’organizzazione propose a ciascuno di noi un massaggio. Solo che costava 2 lire. Troppe, per le nostre tasche, e ne facemmo a meno. Alla fine vincemmo la gara lo stesso».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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