Storie

UOVA DI GAROFANO

AA

Regia: Silvano Agosti
Con: Federico Zanola , Alain Cuny, Lou Castel, Paola Agosti, Lorenzino Agosti, Roberto Brignani , Luciano Salodini, Lucia Gafa'
Genere: drammatico
Distribuzione: General video

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Spicca per la sua diversità questo “Uova di garofano” nella filmografia di Silvano Agosti, cineasta bresciano di nascita e romano d’adozione, scomodo, ruvido e d’assalto che rifiuta i compromessi e la vita facile e che in passato è stato contestato per alcune sue scelte controcorrente (contro la borghesia ufficiale e l’educazione religiosa ricevuta), la voglia di portare alla luce i panni sporchi di un mondo (ed anche quelli personali). La cui “rabbia” e livore talora autodistruttivo gli hanno impedito di creare il “grande film” pur se partito con eccellenti promesse, ma uno che ha sempre amato il grande cinema, compreso il Piavoli de “Il pianeta azzurro” (e non solo) alla cui diffusione ha contribuito, e la necessità di farlo conoscere al punto di creare due personali sale fra volontariato e basso e faticoso costo di gestione e volontariato per proiettarli: l’Azzurro Scipioni a Roma e il Piccolo cinema Paradiso a Brescia. Agosti che ha studiato a Mosca nell’Istituto statale di cinema dell'Unione Sovietica specializzandosi in montaggio, attività in cui è molto versato grazie anche alle accensioni del suo carattere e che ha collaborato con Marco Bellocchio de “I pugni in tasca” e sempre con Bellocchio assieme a  Sandro Petraglia e Stefano Rulli, a “Matti da slegare”, documento e fiction girato nell’ospedale psichiatrico di Colorno sul tema dell'istituzione manicomiale e le teorie di Franco Basaglia. “Uova di garofano” (1991), come già l’autore aveva fatto in parte per l’opera prima “il giardino delle delizie” (1967), è stato realizzato a Brescia, sua città natale, ma a differenza dell’altro acceso e virulento, è molto pacato e riflessivo, frutto di una quiete d’animo maturata con l’avanzare dell’età, narrato quasi  sottovoce, con stile mai ridondante o eccessivo. Un film – come chiosa la didascalia finale – “dedicato ai bambini che volevano vivere e sono morti durante le guerre”. E ai bambini è narrato  secondo un linguaggio che appartiene al loro mondo, non un film per ragazzi con avventure ed eroismi fasulli, ma sui chiaroscuri dell’età. Un alternarsi tra tragicità del reale e la necessità del sogno. La storia è quella del 50enne Silvano (Lou Castel) che porta il figlio in un casale sui Ronchi dove è nato e ha trascorso l'infanzia durante la seconda guerra mondiale.

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Un viaggio che si muove sul filo dei ricordi, tra i salti temporali della mente del bimbo che, traumatizzato dalle bombe, rimase muto per un periodo e rivede le persone allora incontrate: la disinibita zia Olga, guardarobiera nel grande albergo sede del comando tedesco, i fratelli Giorgio e Piero, le sorelle Elisa, Adriana e Renata, i giochi infantili, il teatrino delle suore, i rituali fascisti celebrati in piazza presso il busto del Duce ed orchestrati da un gerarca vicino di casa, un anziano ebreo ucciso dagli squadristi, l’amicizia con il vecchio e tenuto lontano eremita Crimen che si diceva avesse ucciso a fatto sparire la moglie (ma la verità era ben diversa), la scoperta magica del cinema, lo stratagemma del genitore che si fa cucire nel materasso dalla moglie temendo le ritorsioni per le collusioni con il regime e il farsesco ritorno a casa dall'ospedale… C’è la storia , filtrata senza livore da implacabili occhi di bambino, è c’è la poesia quella delle Uova di garofano che se trovate in fiore al tramonto e messe sotto il cuscino fanno avverare i desideri.  Un Silvano Agosti diverso, che qualche compagno di lotte e di fede non ha riconosciuto, o non ha voluto riconoscere, ma molto intenso nel coinvolgere e far riflettere. Per extra del dvd, tornato disponibile, lo special "L'infanzia di guerra" di Valentina Pattavina.

 

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