Storie

Un Silter di parole antico come il burro

Per secoli ha riparato il nostro formaggio di montagna da ladri e intemperie, oggi lo difende dalle insidie del mercato globale
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Per secoli ha riparato il nostro formaggio di montagna da ladri e intemperie, oggi lo difende dalle insidie del mercato globale. Un tempo era fatto di pietra, oggi di regole e di lettere. È il silter.

Dal 2006 Silter è il consorzio di tutela di un formaggio camuno. Per secoli però la parola ha indicato non un alimento, ma un posto. Silter è infatti il riparo, il magazzino annesso alla malga e alla caséra dove il formaggio veniva lasciato stagionare prima di essere portato al mercàt e da lì finire in tàola.

La parola silter è antica. Dagli alpeggi della Camunia più arcaica affonda le radici nel cuore delle Alpi e riemerge in terra tedesca (shild significa scudo) e addirittura identica in Inghilterra, dove shelter è proprio il riparo, il rifugio. La presenza di decine di silter sui monti viene annotata - accanto a mulini, fienili e fucine - dai catastici che fra Cinque e Seicento fotografano l'economia di Valle Camonica.

La filiera del formaggio regala altri echi di antiche radici linguistiche. La stessa parola cacià (che il bresciano usa per cagliare, fare il formaggio) si lega al latino caseus, mentre formài rimanda al formaticum dei Romani (il cacio lasciato a prender forma e a stagionare). Una gustosa curiosità è legata al burro, che il bresciano chiama botér attingendo direttamente al latino butyrum, che a sua volta pesca nel greco boutyron. Parola composta da bous (bue, vacca) e da tyròs (cacio, formaggio).

Nel Mediterraneo antico infatti i formaggi erano principalmente di capra o pecora. Non così per il dialetto bresciano, per il quale il formaggio e bovino coincidono: la bóca l'è mia stràca se la sènt mia de 'àca.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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