TOKYO TRIBE

Regia: Sion Sono
Con: Akihiro Kitamura, Ryohei Suzuki, Yôsuke Kubozuka, Kokone Sasaki, Riki Takeuchi, Shôta Sometani , Denden, Shoko Nakagawa
Genere: musical/azione
Distribuzione: Far East film
È ispirato ad una serie manga ed anime di Santa Inoue questo musical folle, colorato e straripante diretto dal prolifico, geniale, ma anche eccessivo e barocco sino al trash, Sion Sono che, presentato in anteprima nazionale al Torino Film Festival 2014, arriva ora in dvd grazie a Far East. Attenzione però, non si tratta di un film per tutti i pubblici per la sua folle e accentuata voglia di originalità, l’andare sopra le righe e perché è pure infarcito di grand guignol e vicino ai confini del pinku eiga, forma nipponica di softcore, basti dire che anche le misure del pene diventano elemento basilare di una guerra tra gang… Per chiarezza, in Italia Sion Sono (“Be sure to share”, “Love exposure” “Himizu” e “The land of hope” alcuni dei suoi tanti film precedenti) può essere definito “autore di nicchia” per cineasti specie se orientalisti accaniti oltre che per frequentatori adulti di manga e di anime, uno che si accetta in toto o si respinge altrettanto vigorosamente: nichilista ed esaltante per la mescolanza di contenuti alti e bassi in cerca di un linguaggio nuovo e straniante, un autore che fonde con gradazioni diverse (a rischio di metterci troppo della seconda dose) la sensibilità interiore del miglior Kitano con le baracconate peggiori di Takashi Miike. Questo suo “Tokyo tribe”, che a tratti sembra sfuggirgli un po’ di mano, è un musical sviluppato in forma di “battle”, le lotte tra crew di hip hop che mimano il combattimento fisico, per il quale un critico ha parlato di "Tano da morire” che incontra “I guerrieri della notte” con uno schizzo di “West Side Story”, ma ovviamente in forma survoltata. Siamo a Tokyo, in un futuro imprecisato molto simile al nostro presente, metropoli divisa fra quattro gang rivali, con la polizia inerme ad osservare e tollerare le gesta dei criminali, una società degradata all’insegna dell’anarchia, ma dominata da boss e divenuta tossica, violenta, tecnologica, amorale e idolatra. Una Tokyo divisa in clan ghettizzati nel loro piccolo territorio e ognuno caratterizzato da un preciso stile hip hop che svaria dal West Coast al Gangsta, dove tutti sono malvagi, comprese la gang femminile delle Gira Gira Girls e quella più agguerrita risulta quella dei Wu-Ronz, dediti allo spaccio e alla prostituzione; fanno eccezione i Musashinokuni, la crew di Kay (il giovane rapper Young Dais) dotato di talento e di un organo sessuale che suscita invidia ai rivali (!) .
La vicenda è quasi sempre notturna, fra sesso anche sordido e droga a buon mercato con il tempo scandito da una vecchia DJ che lancia dai piatti veri e propri inni di battaglia. I Wu-Ronz hanno per leader il cannibale Lord Buppa (il miikiano Riki Takeuchi), l’essere più terribile della metropoli, anello di congiunzione tra un mondo preistorico e una classe dirigente corrotta e viziosa, rifornita di fanciulle giovanissime. Tra i rivali, un fantomatico sacerdote che appare in forma di ologramma, un santone cinese alla new-age, sentina dei peggiori sincretismi e in confidenza con il Diavolo in persona cui tributa sacrifici di vergini tra cui la sua stessa figlia Sunmi (Nana Seino), che però è fuggita ed è finita nelle mani di Buppa e dei suoi che in questo “Bronx nipponico” fa da scintilla che farà esplodere un violento conflitto… Tutto qui ed è tanto come lo spettatore vedrà in un’orgia estetica dalle immagini ridondanti, forti scene splatter, riferimenti filosofici e mistici ecc. ecc. Per extra, l’intervista a Emanuele Sacchi “Un rap che spacca”.
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