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Quel concerto pazzo e memorabile dei Deep Purple all’oratorio

Li ospitò il campo di calcio dell’oratorio di Pontoglio e arrivarono circa seimila persone: il racconto di quella serata
I Deep Purple a Pontoglio nel 1999 - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
I Deep Purple a Pontoglio nel 1999 - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
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Gli organizzatori, quando decisero di buttarsi, avevano solo un timore: che non arrivasse nessuno. E invece la serata fece il tutto esaurito, con la maggior parte delle persone da fuori Pontoglio e fuori Brescia.

L’evento è uno dei più pazzi e spettacolari: il concerto dei Deep Purple. Non a Campo Marte (avvenne nel 2016), ma all’oratorio di Pontoglio nel 1999.

Il racconto degli organizzatori

«All’epoca avevo circa quarant’anni», racconta Cesare Faustini, uno dei coordinatori degli eventi dell’oratorio. «Ammetto: non ero un fan sfegatato. Se l’evento fosse stato ospitato anche solo a Palazzolo non sarei andato». Ma non per questo a Cesare sfuggì la portata dello show. «Il curato era un appassionato di rock, don Andrea Venturini. Ma il responsabile di tutto fu Elia Faustini, mio parente, alle prime armi come organizzatore di attività canore all’oratorio e oggi promoter di professione (sua è la Faustini Promotion). Fu lui a proporre questo complesso che da anni non si esibiva più. “Prendiamolo al balzo: fanno pochissimi concerti in Italia”, ci disse. Noi accettammo, ma i problemi iniziarono a fare capolino».

I problemi presto risolti

Il primo era l’organizzazione generale. «Ma il paese ci rispose in maniera straordinaria e inattesa», dice Cesare. «Chiedemmo anche dei terreni in affitto per i parcheggi. Eravamo timorosi, ma dovevamo prepararci per accogliere qualche migliaio di persone. Alla fine ne arrivarono seimila, più o meno».

Secondo: dove fare suonare il gruppo? La soluzione fu il campo di calcio dell’oratorio. «Era in erba: le squadre non volevano. Ma forti dell’appoggio di curato e parroco, alla fine vincemmo».

Servivano poi delle persone per gestire la viabilità, e anche in questo caso i volontari del paese aiutarono molto.

Infine: «Avevamo paura del trambusto che la gente – i fan dell’hard rock, così diversi da noi – avrebbe potuto fare. In effetti alcuni si accamparono nel campo dopo il concerto. Vendemmo fiumi di birra e alla fine si addormentarono lì. Ma i vigilanti li fecero andare via, accontentando quindi anche i puristi del paese, senza creare disordini. “Chissà che disordine!”, dicevano. E invece andò tutto liscio. I Deep Purple suonarono per un paio d’ore e tutti furono contentissimi».

Le richieste delle star

A essere impreparati, dice, furono i commercianti del paese: «Non intuirono la grandezza dell’evento. Quel giorno già dalle 13 arrivarono i fan e loro dovettero svuotare i magazzini. Andò bene all’oratorio: eravamo pronti con un servizio ristoro perfetto. Ripagammo tutte le spese. Ne uscimmo in pari, guadagnando anche tanti volontari».

Cesare ricorda anche la lista delle richieste della band, arrivata via fax: racchette da tennis e un allenatore per fare due tiri lì vicino; due stanze separate all’hotel Vittoria; e un esagerato numero di asciugamani.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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