Benvenuti in D3, «meraviglioso Inferno» dei pongisti che non s’arrendono

Benvenuti all’inferno della D3, sotto non c’è più nulla. È l’ultima delle nove serie del tennistavolo. Solo il calcio ne ha così tante, ma in Terza categoria non mancano dirigenti, giocatori, tecnico e perfino qualche sponsor. Nel ping pong devi fare tutto da solo, non ci sono neppure gli arbitri. A turno, i giocatori si alternano nel ruolo, senza peraltro che mai avvengano discussioni. L’allenatore? È qualcuno che non sta giocando né dirigendo il match. È lui che dà consigli durante i time out.

Chi bazzica questo ambiente ha il dono dell’invisibilità, perché quelli dell’ultimo campionato li distingui a stento. Quando ci sono i concentramenti che comprendono partite di categorie superiori i pongisti della D3 sono nell’angolo più lontano del palazzetto. E se un colpo è riuscito non osano urlare di gioia, come succede sugli altri tavoli, per non disturbare, consapevoli di appartenere a un mondo minore.
Paolo Regosa
Eppure, in questo ambiente sconosciuto fioriscono gemme, figlie di una passione sconfinata. È quella che mostra Paolo Regosa, a breve settantenne: «Perché sono qui – spiega con squisita ironia –? Quando ho compiuto 60 anni ho saputo che per prevenire l’Alzheimer il tennistavolo è uno degli sport più consigliati, migliora la coordinazione oculo-manuale, rinforza la memoria a lungo termine, rallenta il declino cognitivo, consolida l’equilibrio e soprattutto si gioca in compagnia. Per quel chi mi riguarda, direi che la testa funziona ancora, ma è chi vive con me che deve confermarlo». E quando spiega perché è così bello questo sport aggiunge. «A fare la differenza, al di là dell’età, è la capacità tecnica. E, tra l’altro, io ne ho pochissima».
In realtà Paolo è andato a vincere di recente un match fuori casa e non è uno che si lascia battere facilmente. Gioca con i colori del Marco Polo Brescia, ormai una corazzata del tennistavolo, che dalla A2 in giù ha formazioni in quasi tutte le categorie (manca solo la B1). E il club cittadino ha una particolare attenzione anche per la D3, perché ha iscritto due formazioni nel torneo e – grazie ad alcune favorevoli congiunture del calendario – sabato 13 dicembre ha messo loro a disposizione l’intera palestra di via Fura per le partite che, manco a farlo apposta, le vedevano opposte allo stesso club, l’Us Olimpia Bergamo, presente a sua volta con due formazioni. Proiettati al centro della scena, gli sconosciuti bucanieri della D3 hanno finalmente potuto mostrarsi al mondo.
Famiglia d’arte
Fra i compagni di squadra di Paolo Regosa c’è anche la cinquantottenne Eleonora Tardivo, (in queste categorie si può ricorrere anche alle donne), la cui famiglia è tutta dedita al tennistavolo. Il marito Claudio Boletti, 60 anni (presente in palestra per darle sostegno morale) gioca in D1, i figli Alberto, 30 anni, a Montichiari (D2) e Leonardo (25) in C2 a Trezzano.
«Quando vivevamo tutti assieme – sorride – a pranzo non si parlava che di ping pong. Discussioni interminabili, ognuno voleva dire la sua». Eleonora gioca anche nella serie D femminile e spesso succede che gli impegni dei due tornei siano ravvicinatissimi. «Non mi costano alcuna fatica, ormai ho una certa esperienza – racconta –. L’unica cosa che mi dà fastidio è che a volte non riesco a ripetere in gara quanto mi riesce in palestra».
Perché anche in D3 ci si allena e non poco, come conferma il terzo componente del club Giovanni Romano, 35 anni. «Mi è capitato più di una volta di essere sfidato da qualche amico convinto di essere più bravo di me perché faceva faville all’oratorio. Poi se n’è pentito». Giovanni va in palestra anche 3-4 volte alla settimana perché, per un lievissimo problema di deambulazione, partecipa anche alla serie A2 paralimpica.
L’altra squadra, invece, è formata da debuttanti, avvicinatisi alla pratica per curiosità, come successo ai cugini Michele Braga e Gabriele Cavalli (entrambi trentatreenni), che si sono subito appassionati allo sport. Comincia ad avere qualche ripensamento invece George Daniel Sarac, 36 anni: «Ho iniziato troppo tardi e questo rende tutto più difficile». Pomeriggio speciale, invece, per Giovanni Comotti (34 anni), che era all’esordio in assoluto nella D3: ha giocato 3 partite e le ha vinte tutte, compreso il doppio. «Mi ha convinto a provare Davide Rossini, uno dei tecnici della società, con cui gioco a padel. Non pensavo di vivere una simile giornata». Quando ha affrontato Raffaella Longo – una bergamasca che non mollava mai – si è scusato se la schiacciata gli usciva troppo potente. Perché in D3 sono così: solidali, partecipi e felici.
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