«Peace by peace»: due bambini per il messaggio di pace a Brescia
«Peace by peace». Pace dopo pace. «No» a nessun conflitto, in ogni sua forma. Oggi più che mai. Questo è quello si vuole trasmettere con un grande stendardo che da un paio di giorni è esposto sulla facciata esterna di palazzo Broletto, in piazza Duomo a Brescia.
Si tratta nello specifico di un’opera «site-specific», commissionata dalla Provincia di Brescia e attinente ad un progetto d’arte contemporanea coordinato da Davide Dotti – critico d’arte, già curatore di diverse mostre in città – e realizzato poi dal giovane poliedrico Michele Battagliola. Un ragazzo bresciano di 26 anni che, con lo pseudonimo di Michele Battart, ha già lasciato il segno col suo inconfondibile stile nel 2023 su una serranda di corso Garibaldi, riproducendovi sopra un lavoro di street art in onore della scomparsa di Carlo Mazzone e della sue esultanza del 30 settembre 2001, ai tempi allenatore del Brescia calcio, sotto la curva dell’Atalanta per il 3-3 conseguito in rimonta al Rigamonti. E, ancora: nutrendo una viscerale passione per la musica, non è difficile imbattersi in lui nemmeno nelle vesti di cantante e deejay, specie nelle serate in provincia targate «Insomnia».
L’opera
Un abbraccio fra due bambini. Un’iconografia tanto semplice quanto complessa nella sua genuinità e potenza, che racchiude in sé un significato nel significato. La si può infatti leggere «Peace by peace» come riporta il titolo originale oppure – giocando con le parole e l’assonanza in inglese - come «piece by piece» ossia «pezzo dopo pezzo», che riprende la modalità con cui è stata composta. A ben guardarla nella sua interezza, si notano infatti 16 diversi pezzi di tela di velluto grigio delle dimensioni 1 metro x 1 metro, ciascuno dei quali «macchiati» con della candeggina affinché il disegno finale venisse corroso poco alla volta, lasciando spazio alla luce prima nascosta.
La tecnica è stata molto apprezzata dal presidente della Provincia, Emanuele Moraschini: «Quello che si presenta davanti ai nostri occhi dà l’opportunità di pensare che nella distruzione ci sia la possibilità di far affiorare il bello – osserva -. In generale ci confrontiamo con una richiesta-necessità di pace urlata dal profondo, che speriamo possa efficacemente diffondere la sua eco il più lontano possibile e trovare una risposta concreta. Siamo dunque grati a Michele che ci offre uno spunto di riflessione, che si fa terremoto delle coscienze e ci richiama fortemente al vivere civile, la cui forma, spesso, risulta sbiadita da egoismi e chimere».
La visione dell’artista
Coinvolto in prima persona, il giovane Battagliola esprime allora la propria visione sull’opera: «Appartengo a una generazione che, ahimè, ha visto la guerra tornare ad essere calda, viva, armata, e vicina – premette -. A ciò vanno sommate le guerre cognitive, più silenziose ma non meno laceranti di quella armata con le bombe. Viviamo insomma in uno stato di “liquefazione”… ma non scorriamo insieme in cerca del mare, piuttosto ristagniamo, fermi immobili lamentandoci delle zanzare. Ci siamo così ridotti a proteggere la nostra pozzanghera come un territorio assediato, in cui l’altro non è compagno ma nemico, la terra patria, il territorio trincea».
Da qui l’idea, la volontà, di trasmettere con un approccio euclideo (scomponendo in fattori primi il concetto di base) la speranza di un ritorno pieno alla pace tramite l’innocenza di due piccole creature a chiunque ne incroci lo sguardo: «Nei loro occhi – continua l’artista – c’è la promessa silenziosa di ripartire, non da un tempio, ma da un semplice tetto, sotto il quale potranno tornare ad abbracciarsi liberamente e restare per sempre insieme con un’ottica inclusiva senza odio, discriminazione, paura, ma vicini, superando la violenza e la distanza. In pace, per l’appunto».
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