La prima melanzana

Dalla rubrica settimanale di Francesco Alberti: «Non amo pavoneggiarmi, zappare la terra mi ha insegnato l’arte dell’umiltà»
Già tempo di melanzane - © www.giornaledibrescia.it
Già tempo di melanzane - © www.giornaledibrescia.it
AA

Non amo pavoneggiarmi, zappare la terra mi ha insegnato l’arte dell’umiltà. Ma quando mi trovo di fronte a risultati eccezionali non posso restare in silenzio: è l’orgoglio dell’orticoltore ad avere il sopravvento e a mettere nell’angolo il mio proverbiale understatement (da Wikipedia: atteggiamento volutamente alieno da enfasi e retorica).

L’arrivo della bella stagione è ovviamente un toccasana per la mia coltivazione, le piante delle zucchine crescono di giorno in giorno, i pomodori stanno trovando la giusta tonicità. Ma chiaramente non è ancora tempo di raccogliere frutti. Almeno così pensavo. Mi sottovalutavo. Stavo irrigando le piantine di sedano (meravigliose), quando il mio sguardo è caduto sulle melanzane: una era già pronta. L’ho colta con la soddisfazione di chi ha fatto la cosa giusta, di chi ha lavorato con tenacia ed è stato giustamente ripagato dalla natura.

Ma la natura non è sempre benevola con noi, dovremmo averne maggiormente consapevolezza. L’esplosione dell’estate ha tolto il coperchio dal vaso di Pandora dell’orrore estetico. E così mentre Studio Aperto ci ricorda l’importanza del bere tanta acqua e dello stare all’ombra, ecco il dilagare di uomini evidentemente senza specchi in casa che sfoggiano magliette aderenti su grossi ventri provati dalle fatiche della tavola invernale; ecco infradito ovunque, che se hai più di sei anni in giro con quelli non ci puoi andare; ecco bermuda che ti fanno invocare l’ergastolo per chi li ha creati, figuriamoci per chi li indossa. Ed è subito nostalgia del freddo.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia