La fame insaziabile degli influencer
Amo le trattorie sinceramente rustiche, quelle dove i piatti non necessitano di interminabili spiegoni per elogiarne gli ingredienti e il percorso di realizzazione, quelle dove nessuno si sognerebbe mai di far roteare il vino nel bicchiere fingendo di cogliere inesistenti sentori.
Amo il cibo ben cucinato, non le sperimentazioni incomprensibili, l’unica esperienza che voglio fare è gustare un succulento piatto di trippa. Il concept restaurant mi stimola il digiuno. Se un ristorante è alla moda non ci vado. Ovviamente, ma a questo punto è quasi superfluo, non seguo mai (ripeto e ribadisco: mai) i consigli degli influencer, veri o presunti tali, sempre che si possano scindere le due categorie. Penso che dovremmo seriamente aprire una riflessione antropologica su un’intera società che ha bisogno continuamente di consigli (di farsi appunto influenzare) da chi non ha nulla da consigliare, un’intera società che si lascia guidare da algoritmi. E qui lo sconforto rischia di avere il sopravvento, ma per fortuna arrivano spiragli di speranza.
Un’influencer/foodblogger per mancanza di prove (mi scuso a suo nome) ha chiamato un ristorante stellato per una collaborazione, così l’ha definita: qualche foto del locale sul suo profilo in cambio di un pranzo gratis per sette persone. Ora, ok che la fame è fame, e se sei un’influencer/foodblogger dev’essere complicato soddisfare i bisogni primari, ma almeno una parvenza di eleganza sarebbe gradita. Il ristoratore ha però risposto picche, quei sette saranno così finiti da McDonald’s, che non sarà stellato ma almeno è a buon mercato.
@Buongiorno Brescia
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