Da Rovereto a Capo Nord in bici: 4mila km in sella per il bresciano Abate

Quattromila chilometri in bicicletta da Rovereto, in provincia di Trento, a Capo Nord, in Norvegia, all’estremità settentrionale del continente europeo. Circa 30mila metri di dislivello sotto il sole e la pioggia senza poter ricevere aiuto nemmeno per riparare la bici. L’obiettivo era raggiungere il promontorio oltre il Circolo polare artico entro il 14 agosto. È il biglietto da visita della «North Cape 4000», una manifestazione di ultracycling, o ultraciclismo, partita quest’anno il 26 luglio.
Tra i più di 500 partecipanti c’era anche il bresciano Alessandro Abate, trentaseienne di Mazzano, all’esordio in questa disciplina ciclistica. Dopo 17 giorni di viaggio, l’11 agosto è arrivato in sella alla sua bici a Capo Nord, conquistando il titolo di «finisher» riservato ai partecipanti capaci di completare il percorso entro 20 giorni. Sotto il monumento che riproduce il globo terrestre in uno dei punti più a nord d’Europa, c’erano ad aspettarlo la moglie Giulia, i figli e un gruppetto di parenti e amici.
Il racconto
«Devo ancora realizzare quello che ho fatto», dice Abate che di lavoro fa il personal trainer. «Ho impiegato mesi a prepararmi: da gennaio a luglio ho fatto più di 100mila chilometri e quasi 350 ore in sella. Ho sempre avuto il pallino per queste gare, della North cape mi ha affascinato l'idea di arrivare a Capo Nord. Devo ringraziare mia moglie, che mi ha sempre supportato, e il mio amico Luca Micheletti, che ha creduto in me dal giorno zero».

Nell’edizione della North Cape di quest’anno era obbligatorio il passaggio da quattro tappe: Monaco di Baviera, Berlino, la cittadina di Gränna nella Svezia meridionale e Rovaniemi, nella Lapponia finlandese. Scorciatoie o mancati passaggi dai quattro varchi avrebbero comportato la squalifica. Da Rovereto a Capo Nord, si pedalava «self-supported», dovendo organizzarsi da soli per qualsiasi necessità, dal cibo al pernottamento fino alle riparazioni. «In media percorrevo 240 chilometri al giorno, pedalando otto ore», spiega Abate.
Inevitabili le peripezie: «Il secondo giorno ho rischiato di dover tornare a casa. Per colpa della pioggia non funzionavano più le due batterie del cambio elettronico: ho dovuto fare diversi chilometri col cambio bloccato, poi a Monaco un ragazzo mi ha salvato dandomi una batteria che aveva in più. Così sono arrivato fino a Berlino. Nei paesi scandinavi, poi, percorrevamo anche 100 chilometri senza trovare nulla per mangiare o dormire».
Da ricordare
Tanti, di contro, i momenti indimenticabili: «All’arrivo alla Porta di Brandeburgo a Berlino mi sono reso conto per la prima volta di star facendo qualcosa di importante – racconta –. E di straordinario. All’ultimo gate a Rovaniemi mi sono detto “è fatta”, ma mancavano ancora 700 chilometri, che sono tanti, ma ormai ne avevo fatti 3.300».

L’avventura con l’ultracycling continua: «Il sogno – confida Alessandro – sarebbe fare la “Race across America” che attraversa gli Stati Uniti da costa a costa. Ma ho visto che c’è una gara in Patagonia che arriva a Ushuaia: dopo Capo Nord, sarebbe bello raggiungere anche la città più a sud del mondo».
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