Da MusicalZoo a NoSilenz, quando Brescia era capitale dei festival indie
Chi c’era quella sera ricorda l’acqua a secchiate, mentre Peaches letteralmente sgretolava le ugole all’ArenaSonica. Fine luglio 2017. Una sera nel bel mezzo di una delle estati più bollenti che la Brescia musicale abbia vissuto. Anche quell’anno la stagione si aprì con la consueta abbuffata sonora del Primo Maggio a Leno: in mille stravaccati sull’erba dell’Ippodromo per l’appuntamento diventato un rito, mutuato da Roma alla Bassa. Poi navigatori puntati in direzione Cigole, per l’imperdibile NoSilenz, festival da cartolina di campagna con ospiti perfino dagli States.

E di seguito Somenfest, D-Skarika, Clear Mountains, CrazyCow... a portare dalla Franciacorta alla Valsabbia la ribalta delle realtà live indipendenti d’Italia. Una girandola di appuntamenti, per un calendario affollatissimo di concerti e djset. Come quelli in grado di scuotere il muschio dagli scalini del Cidneo e far rimbombare la Fossa del Castello cittadino, che per dieci anni è stato casa di MusicalZoo. «Ci vediamo su», una parola d’ordine più che un gentile invito.
Dieci anni fa (ma per vent’anni) Brescia è stata la capitale dei festival indipendenti d’Italia.
Consorzio
Un traguardo confermato e sancito nel 2013 con la nascita di FÈSstival, consorzio fondato per coordinare undici piccole ma preziose realtà del nostro territorio. Un maxi cartellone capace di attrarre nell’arco dell’estate un parterre da oltre 50mila presenze. Nel 2016 FÈSstival arrivava a convogliare ventitrè eventi: realtà spesso storiche, nate grazie alla volontà di giovani appassionati con la voglia di animare gli spazi dormienti delle loro comunità, spesso unendo la qualità musicale al sapore nostrano di sagra, cifra stilistica di questi appuntamenti a base di cantautorato e panini. Un’esperienza felicissima, che difficilmente poteva durare per sempre. Nel 2019 l’addio ai due colossi NoSilenz e MusicalZoo ha anticipato ciò che forse avrebbe cancellato la pandemia. C’è chi nel frattempo ha cambiato pelle, virando verso ambiti più nazional-popolari, chi ha tirato i remi in barca e chi ha provato (con successo) a reinventarsi, fatto sta che di FÈSstival oggi non c’è più traccia se non nella memoria collettiva di una Brescia ad alto impatto musicale.

«MusicalZoo rimane per me una delle esperienze professionali più soddisfacenti. Oltre ad una delle cose più interessanti che Brescia abbia sperimentato nel recente passato». Non c’è ubris nelle parole di Ercole Gentile, già direttore artistico del festival che in dieci anni ha trasformato l’essenza stessa del Castello, aprendo la via alla sua vocazione sociale: «A distanza di 8 anni posso dire che è stata un’esperienza difficilmente ripetibile. Siamo stati i primi a recuperare con la musica e la cultura un luogo che in quel momento era, se non degradato, sicuramente inutilizzato; dando vita ogni estate, per quattro giorni, a qualcosa di unico, spostando sempre l’asticella un po’ più in là. Siamo stati anche i primi a sperimentare cose come i bicchieri riutilizzabili e i bus navetta dal centro... Purtroppo alla fine la questione economica ha prevalso, mettendo fine non solo a MusicalZoo, ma anche ad un’altra serie di esperienze che, fino a al pre Covid, hanno reso Brescia un unicum nel panorama della musical indipendente».
Nei borghi
Dal 1998 al 2019. Tanto è durata l’esperienza del NoSilenz, festival nato dalla volontà di alcuni amici «protomusicisti» (cit.) di dare una scossa alla piccola frazione di Coniolo, 800 anime nel cuore della Bassa. «Dopo le primissime edizioni artigianali – racconta il deus ex machina Angelo Zucchi –, tra gli alti e i bassi legati anche alla nostra inesperienza, imboccammo il filone indie, invitando a suonare band di rilevanza nazionale, spesso rischiando e mettendoci i soldi direttamente di tasca nostra».
«Di anno in anno – ripercorre Zucchi – provammo ad alzare il tiro e la scelta venne premiata, col pubblico che iniziò ad arrivare anche da distanze ragguardevoli. Ricordo ad esempio che fra la folla radunata per vedere i newyorkesi Oneida c’erano anche i Verdena. Col trasferimento a Cigole, grazie anche alla maturata esperienza e al bellissimo contesto, abbiamo trasformato una realtà quasi sconosciuta in un unicum culturale. Sono stati anni di grandissime soddisfazioni, ma anche di grattacapi e pensieri connessi alle migliaia di euro di investimento a fronte di rischi e imprevisti, a partire dal meteo, un’incognita costante, e a fronte di un accesso rimasto sempre gratuito». Una storia conclusa nel 2019, «al vertice massimo delle nostre possibilità. Abbiamo chiuso col ventennale in bellezza, al termine di un’edizione strepitosa. Una decisione rivelatasi provvidenziale, visto l’avvento Covid».
Non tutto è andato perso, di quell’inarrivabile fermento. Così l’eredità di quegli anni d’oro ha germogliato a Cigole, oggi casa dell’AForest Festival (30, 31 maggio e 1 giugno) e se il Primo Maggio perdura da Cologne a Leno, il Diluvio (24-27 luglio) continua a rendere fertile la piana di Ome.
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