Nei decenni l’industria manifatturiera regna sull’economia locale

Cambiate, evolute, ma sempre forza trainante dell’economia bresciana. Le attività manifatturiere restano un punto fermo per il nostro territorio e può essere interessante seguirne gli sviluppi attraverso i Censimenti generali dal 1951 al 2021: 70 anni che, mettendo a confronto i dati bresciani con quelli della Lombardia, raccontano dapprima la straordinaria evoluzione e successivamente la sostanziale tenuta della manifattura bresciana.
Il peso della manifattura
Nel 1951 le industrie manifatturiere bresciane contano 10.290 unità locali, ossia i luoghi (laboratorio, officina, stabilimento, filiale, agenzia, negozio ecc.) nei quali l’impresa esercita stabilmente una o più attività, con 85.349 addetti. La manifattura di casa nostra pesa per il 9,4% sul totale delle unità locali lombarde e per il 7,6%, sul totale degli addetti manifatturieri. In realtà, nel ’51, la metà degli addetti manifatturieri regionali opera nella provincia di Milano (576.709), dove si trova il anche il 43,5% delle unità locali (47.501).
Negli anni ’50 e nei decenni successivi, le unità locali manifatturiere e gli addetti nella provincia di Brescia aumentano fino quasi a raddoppiare nel 1981, quando l’Istat, nel 6° Censimento generale dell’industria, del commercio, dei servizi e dell’artigianato, conta quasi 183mila addetti. Trent’anni di crescita continua che vedono, quindi raddoppiare gli occupati. Poi, tra il 1981 e il 2001 si registra una lunga fase di trasformazioni che lascia sostanzialmente invariati, almeno fino al Censimento del 2001, i valori complessivi delle attività e dell’occupazione.

In realtà, nei vent’anni in esame, a fronte di una costanza del numero complessivo delle unità locali, si registra una lieve riduzione degli addetti, con un leggero saldo negativo, negli anni tra il 1981 e il 2001: -6.751 addetti, pari al -3,7%. La contrazione emerge in modo più marcato tra il Censimento del 2001 e quello del 2011. Il saldo degli addetti manifatturieri, tra il 1981 e il 2021, è complessivamente negativo per poco più di 35mila addetti, ma corrisponde quasi esattamente alla netta contrazione delle attività del «sistema moda», mentre si riducono gli addetti nelle attività del legno e mobilio in legno, della lavorazione dei minerali non metalliferi e della carta. Il tutto mentre aumenta l’occupazione nei settori chimica, gomma-plastica e industrie alimentari.
Tuttavia, l’industria metalmeccanica, blocco portante della manifattura bresciana, sembra inossidabile al tempo e ai cambiamenti dei paradigmi tecnologici. Nel 2021, per il complesso delle attività metalmeccaniche, si contano, grosso modo lo stesso numero di addetti del 1981, oltre 103mila lavoratori, ben più del doppio di quelli censiti nel 1951.
Il confronto con la Lombardia
Ma la resilienza della manifattura bresciana si evidenzia nel confronto con la Lombardia: la provincia di Brescia, nel 2021, conta poco meno del 16% delle unità locali e degli addetti manifatturieri della Regione mentre nel 1951 Brescia pesava solo per 7,6% degli addetti manifatturieri lombardi. Il distacco da Milano si è fatto più stretto: nel 1951 la provincia di Milano contava 577mila addetti manifatturieri, a fronte degli attuali 209mila, mentre, nello stesso arco temporale, Brescia passa da poco più di 85mila a oltre 148mila. In altri termini, mentre Milano dimezza la sua occupazione manifatturiera, Brescia la raddoppia.
Così i numeri raccontano come la vocazione manifatturiera della provincia e, in particolare il comparto metalmeccanico, abbia resistito a tutte le trasformazioni e i cambiamenti succedutesi, istantanea perfetta di un settore che resta il fulcro delle trasformazioni che investono la nostra società.
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