Storie

La nobiltà del maiale che corre all’«àlbe»

Trasalendo di fronte a un laghetto d’alta montagna
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Delle notizie, come del maiale, non si butta via niente. E così quando leggo - venerdì sul nostro foglio - della realizzazione di un laghetto artificiale in una valletta laterale del Tonale, chiamata Albiolo, io trasalisco! Perché qui oggetto e luogo hanno esattamente lo stesso nome, manco fosse un testo di Achille Campanile («Il tasso del tasso del Tasso...»).

Il toponimo Albiolo (in dialetto locale Albiöl) trova infatti origine nel latino alveulus, cioè piccolo alveo, piccolo invaso, laghetto. È l’albiolo dell’Albiolo. E qui forse ancora più in profondità - secondo alcuni studiosi - c’è pure quella radice indoeuropea che sfocia nel gotico aiva, acqua. Entrambe queste radici - magari intrecciate fra loro - hanno dato frutto in molte delle nostre montagne.

Pensiamo solo ai nomi Val d’Avio e Aviolo. E a mille altri.

Un piccolo invaso - a dire il vero - è anche la vasca mangiatoia dei maiali, il trogolo, che non a caso il bresciano chiama in pianura àlbe e spesso in montagna biöl (proprio come la valletta Albiöl). A me pare addirittura (ma qui so di inimicarmi un intero paese) che la stessa radice ammicchi pure dietro al nome Pralboino. Che la tradizione nobilita leggendovi un prat-alboino, cioè un accampamento del re longobardo, e che invece potrebbe essere semplicemente un prat-albio, una campagna spesso allagata dal Mella o da paludi. Esattamente come accadeva prima delle bonifiche benedettine. Ma anche dei quarti di nobiltà - proprio come di quelli dei maiali - non si butta via nulla. E dove c’è da stimarsi, o da mangiare, la gente accorre. Dice il vecchio adagio: «Basta ’ìga l’àlbe, che i porsèi sa ì tróa».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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