LA MIA VITA DA ZUCCHINA

Regia: Claude Barras
Con:
Genere: animazione
Distribuzione: Teodora/CG Entertainment
Così come non ci solo i film d’animazione della Disney, della Pixar e della Dreamworks, non ci sono solamente quelli realizzati con la computer grafica, ma anche quelli con pupazzi animati in slow motion, ossia fotogramma per fotogramma, tecnica utilizzata in modo sopraffino da Tim Burton (“Nightmare before Christmas”, “La sposa cadavere” e “Frankenweenie”), dalla britannica Aardman (“Wallace e Gromit”, “Galline in fuga” e “Pirati! Briganti da strapazzo”), dall’americana Laika Studio (“Coraline”, “ParaNorman”, “Boxtrolls” e “Kubo e la spada magica”) tanto per citare i più importanti. Ma in slow motion è stato girato anche questo delizioso “La mia vita da Zucchina” coproduzione svizzero-francese con la regia dell’elvetico Claude Barras e la sceneggiatura della transalpina Céline Sciamma (“Tomboy” e “Diamante nero”) che lo ha tratto dal romanzo originario di Gilles Paris. Film che in sala è passato pressoché inosservato nonostante le critiche più che positive ricevute (e la distribuzione con la sua frettolosità e orari ridotti ha le sue non poche colpe), ma che ora che è disponibile in dvd e in blu ray merita di essere visto eccome. E chissà che grazie all’home video questo film; applauditissimo alla Quinzaine di Cannes, candidato senza vincerli all’Oscar e al Golden globe e vincitore dell’EFA (gli Oscar europei) per l’animazione, non abbia la fortuna che merita, tanto più che è un prodotto d’animazione per i temi trattati rivolto – anche se non solo: il linguaggio è quasi infantile, ma mai banale - soprattutto ad un pubblico adulto. Basti dire che tratta con tenerezza, poesia e humour una vicenda di per sé dolorosa per sottolineare la capacità di reagire alle avversità, di volgere in positivo le esperienze più dure: vicenda che è quella di un bambino che ha perso la madre e che viene affidato ad una casa famiglia assieme ad altri orfani. È Icaro, un bimbo di 9 anni soprannominato Zucchina (Courgette) dalla mamma e il cui padre è andato via da tempo (quando non si sa), che trascorre le sue giornate in soffitta a disegnare su fogli e aquiloni e a costruire ardite piramidi con le lattine di birra di cui la madre sembra abusare e che svuota a ripetizione. Mamma che d’improvviso muore e Zucchina, che fa amicizia con Raymond, un agente di polizia bonario e particolarmente gentile, e viene da questi portato in una casa famiglia dove risiedono altri orfani della sua età. Che a loro volta hanno tanti problemi e dolori alle spalle, come rivelano (e la sceneggiatura lo dice senza ipocrisie e addolcimenti): chi perché figlio di genitori drogati, chi perché vittima di abusi sessuali, chi perché rimasta orfana dopo che il padre ha ucciso la madre suicidandosi poi a sua volta, chi perché figlio di immigrati costretti al rimpatrio... L’impatto di Zucchina con gli altri e con quel mondo diverso, anche se molto colorato, ma a volte anche ostile è difficile; egli dovrà lottare per trovare il proprio posto, per adattarsi, tuttavia, con l'aiuto di Raymond e dei nuovi amici e in particolare della coetanea Camille, imparerà ad avere fiducia, troverà il vero amore e, finalmente, una nuova famiglia.
Quando si parla di orfanotrofi, il pensiero corre facilmente a Dickens, ma non è così “La mia vita da Zucchina” dove anche i temi più duri sono trattati con sensibilità e pudore, mai con ipocrisia o superficialità: l'atmosfera dickensiana è invece quella della testarda fiducia nella possibilità di risolvere i problemi e del rinfrancante ottimismo sull'esistenza della bontà. Il tutto – ed è un’altra piccola meraviglia – in poco più di 60 minuti con fondali minimal, due o tre set in miniatura e lasciare alla magia creata da un manipolo di pupazzetti in plastilina dalle teste a cerchio e dai dai grandi occhi il compito di parlare al cuore. E non c’è neppure dejà vu perché la coesistenza tra la verità di voci e ambienti (i muri ricoperti da disegni infantili sono veri muri con veri disegni) e la stilizzazione dei personaggi danno il giusto valore e il giusto impatto emotivo a immagini, situazioni e conflitti già conosciuti. Dolore, silenzi, tanta delicatezza (Zucchina che su un aquilone disegna il papà da un lato e una gallina sul retro perché la mamma diceva che il marito “correva sempre dietro alle pollastrelle”), il giusto tocco di umorismo permettono di finire di vedere questo film sull’infanzia negata rinfrancati, consci delle difficoltà e degli ostacoli della vita, ma anche della possibilità di poterli superare, della bontà che si può trovare nelle persone. Disponibile in dvd e in blu ray, edizioni entrambe corredate dal making e dal trailer. Da vedere.
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