La mentalità da professionista di Matteo Chiarlone, promessa paralimpica

Nella disinvoltura con cui Matteo Chiarlone per la prima volta in vita sua afferra il vortex c’è tutto il carattere di un giovane abituato ad allontanare ben altri ostacoli dal proprio cammino. E quando l’attrezzo usato nelle categorie giovanili plana lontanissimo dal punto in cui è stato lanciato, chi assiste alla scena avverte il segnale di una predestinazione.
Ci sono talenti che sbocciano quasi per caso, altri che vengono trascurati o dimenticati. Saperli riconoscere e valorizzare è il primo segnale che traccia la storia di una giovane promessa. Quel giorno Matteo, una delle più grandi speranze dello sport paralimpico italiano - arrivato all’atletica spinto dalla passione di papà dopo anni di judo - capisce che la strada è stata indicata, spetta a lui percorrerla. Le sue specialità sono lancio del peso, del disco e del giavellotto.
Senza trascurare la scuola, non si perde un giorno di allenamento, si impegna per perfezionare la tecnica, utilizza indifferentemente peso, disco e giavellotto e già nella sua prima gara nazionale, disputata a 14 anni, sale due volte sul podio.
Oggi Matteo guida il ranking nazionale della sua età in tutte e tre le discipline nella categoria degli F12 (ipovedenti gravi) ed è stato tra i protagonisti agli ultimi assoluti svoltisi a Brescia, riuscendo a emergere in un settore dove impazzano totem come Oney Tapia, medaglia d’oro agli ultimi Giochi di Parigi.
«Per scherzo mi chiama mezza calzetta - sorride Matteo -, ma so quanto mi stimi. E spesso mi dà consigli che cerco di mettere in pratica giorno per giorno». Evidente come Chiarlone cerchi in lui un modello da seguire, perché nel futuro si vede anche lui alle Paralimpiadi. D’altra parte, già oggi si comporta da atleta professionista. I suoi riscaldamenti pre-gara sono interminabili, non trascura alcun dettaglio, né si ferma ai traguardi intermedi.

«Più che ai piazzamenti e alle medaglie - spiega - guardo ai risultati. Se ho vinto una gara senza essermi migliorato nella misura o nella tecnica non torno a casa soddisfatto». E, soprattutto, non ha ancora seriamente pensato a un piano B. Di certo terminerà gli studi e si iscriverà all’Università. Però è evidente come l’atletica oggi per lui sia l’obiettivo numero uno, se non altro per le attenzioni che già ora gli rivolgono i gruppi sportivi militari, inevitabile approdo per coltivare ambizioni azzurre.
Traguardi
Intanto Matteo, che a luglio ha compiuto 17 anni, ha ottenuto altri e più importanti traguardi. Vive in completa autosufficienza nonostante i problemi visivi, non ha bisogno di una guida per i suoi spostamenti, frequenta con profitto il liceo De Andrè di Scienze umane dove - in quanto studente-atleta - può programmare le interrogazioni quando è impegnato nelle gare. E come ogni ragazzo della sua età non rinuncia ai divertimenti e alla compagnia degli amici.

«Sono molto importanti i miei genitori, che mi hanno sempre aiutato senza essere iperprotettivi, per abituarmi a fare da solo. Può capitare che io finisca a terra, poi mi rialzo subito».
Un’abilità che spesso crea imbarazzi. «A volte quelli che non mi conoscono si sorprendono nel sapere che sono ipovedente». Lo dice con una punta di dispetto, ma anche con infinito orgoglio. Perché fin da piccolo Chiarlone ha imparato che nulla è impossibile, educato alla più completa autonomia, ed è anche diventato un cuoco apprezzato in famiglia. «La mia specialità? La pasta allo scoglio».
E non si è arreso davanti ad alcun problema, come quello di non riuscire ad allacciarsi le scarpe. «Ero ancora alle elementari e questa cosa non la sopportavo - racconta -. Alla fine, con l’aiuto di istruttori abituati a seguire quelli come me, ce l’ho fatta».
In pista Matteo ha trovato anche l’amore, lo ammette arrossendo. Lei è una giovanissima guida di atleti non vedenti, ancora più timida di lui. Le vibrazioni che sanno irradiare annunciano un futuro meraviglioso.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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