Dalla Puglia al Civile di Brescia: «Sentivo il dovere di aiutare»

Alberto Del Corral, medico di medicina generale, racconta l'emergenza vista attraverso i suoi occhi
Il medico pugliese Alberto Del Corral - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il medico pugliese Alberto Del Corral - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Ha fatto tutto da solo. Guardando la tv e vedendo quello che stava succedendo negli ospedali della Lombardia. E così, ottenuto il via libera, si è messo in auto e dalla Puglia è arrivato a Brescia. «Ho sentito il dovere di esserci, perché non potevo stare a casa a guardare». Alberto Del Corral, 58 anni, è un medico di medicina generale di Trinitapoli, in provincia di Barletta, e da due settimane ormai è impegnato come volontario agli Spedali Civili. Non ha voluto nemmeno un rimborso spese e sta facendo turni da dodici ore.

«Ora mi sto riposando un po’ - spiega - dopo che stamattina sono stato nella tenda. Stasera invece sarò in reparto dalle 20 alle otto di domattina». Dottore, quando ha deciso di fare questa scelta? «Quando anche al sud è scoppiata l’emergenza coronavirus, in Puglia è stata disposta la chiusura degli studi di noi medici di medicina generale. Guardando i telegiornali e leggendo i giornali ho visto che soprattutto a Brescia la situazione era drammatica e io non avevo più molto lavoro da fare».

Cosa ha pensato quindi? «Che non potevo fare finta di nulla. Non me la sono sentita di stare a casa e di continuare a guardare la televisione. Così sabato 14 marzo ho telefonato al Civile e ho parlato con un collega della direzione sanitaria proponendo la mia candidatura. Da volontario. La mattina dopo mi hanno chiamato dandomi l’ok e allora ho preso la mia auto e sono partito. Il lunedì ero già operativo».

Ha trovato dentro l’ospedale la situazione che immaginava e che aveva visto in televisione? «Assolutamente no. Era tutto molto peggio. In 34 anni di professione non ho mai visto una cosa del genere. Sono entrato in una sciagura, ma allo stesso tempo ho incontrato una grande, immensa capacità della struttura sanitaria di reagire all’emergenza. Nessuno di noi poteva aspettarsi che il Coronavirus avrebbe provocato una situazione così in Italia. Ma non rimprovero nessuno perché è troppo facile parlare ora a posteriori».

Come sono state queste due settimane? «Fin da subito ho cercato di fare quello che potevo. Come medico e come uomo. Ho curato, ma ho anche fatto una carezza e detto una parola di incoraggiamento a chi stava soffrendo. Sono stato fin da subito nella tenda di pronto soccorso dedicata ai pazienti Covid-19 e poi in reparto. Ho visto persone morire, altre stare male, altre ancora riprendersi. I numeri dei contagi hanno toccato livelli impressionanti, ma adesso finalmente stiamo vedendo una riduzione degli accessi al Pronto soccorso. E la cosa fa ben sperare. Resterò a Brescia ancora fino al termine della settimana e poi tornerò in Puglia».

Quale è l’immagine più nitida che le resterà dentro dopo questa esperienza? «La solitudine di chi sta morendo per il maledetto Coronavirus. È l’aspetto più triste di questa grande emergenza. La gente muore isolata, senza nessuno accanto. Sono scene che mi hanno fatto molto male. Ho pianto. La solitudine dei malati è stata però contemporaneamente anche la spinta ad andare avanti, a non fermarsi, a non arrendersi. Ho capito infatti che la presenza di noi medici è indispensabile».

Soprattutto nelle scorse settimane si è detto che voi medici, vista la grande emergenza nelle terapie intensive, siete stati costretti a scegliere chi salvare e chi invece accompagnare... «Siamo davanti ad una malattia che non conosciamo e i quadri clinici dei pazienti cambiano e diventano drammatici in modo repentino. Mi sento di dire che è stato il Coronavirus a scegliere e non noi medici».

Questa esperienza professionale quanto le sarà utile la settimana prossima quando sarà di nuovo in Puglia? «Moltissimo perché ho davvero visto situazioni che mai in carriera avrei pensato di vedere. A partire dalla grande organizzazione nonostante l’impennata dei casi sia stata velocissima e abbia costretto a stravolgere tutto».

E quando pensa alla Puglia, crede che potrebbe reggere il sistema sanitario davanti ad un’emergenza simile? «Sono un medico di medicina generale e non me la sento di fare una valutazione sulla sanità pugliese dentro gli ospedali. Però posso dire che in questi giorni a Brescia non mi è mai mancato nulla. Dai dispositivi di protezione, all’attenzione dei colleghi. Tornando alla domanda iniziale... Il picco da noi dovrebbe arrivare attorno al 9 aprile. Speriamo bene, ma lo ammetto: sono molto preoccupato per la mia Puglia».

 

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