I fragili e la banalità del male

I fatti accaduti nella Rsd Giuseppe Seppili interrogano la nostra coscienza, come singoli e come civiltà
Un fermo immagine del video delle telecamere nascoste dai Nas nella struttura bresciana
Un fermo immagine del video delle telecamere nascoste dai Nas nella struttura bresciana
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La nostra vita è piena di significato. Lo è quella delle persone anziane e dei disabili di ogni età. Di chi ha bisogno di essere accudito, come i bambini. La fragilità non fa venir meno il significato delle nostre esistenze. Per questo fa male, molto male, quando si verificano fatti come quelli raccontati sull’edizione di ieri del nostro quotidiano.

Cinque persone, singolarmente e anche insieme, si sono accanite nei confronti dei disabili che avrebbero dovuto accudire. Senza pietà, senza vergogna, senza umanità. Ci si chiede, straniti e angosciati, come questo sia possibile. Come possa accadere, in un Paese che si fregia di definirsi civile, che qualcuno possa essere trascinato da quella «banalità del male» che ha procurato ferite difficili da sanare nella storia dell’umanità.

Allora ci chiediamo qual è il cammino della nostra civiltà, quale spazio le verrà riservato nei futuri libri di storia, se nel suo procedere continua ad essere abitata da persone che ritengono normale accanirsi nei confronti dei più deboli e dei più fragili.

Peggio, pensano che sia accettabile, per le loro coscienze congelate, che possano essere «somministrate» umiliazioni e angherie proprio a coloro che dovrebbero trattare con dolcezza. Sono ferite che sanguinano. E che ci interrogano.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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