Convivere con l'incubo delle password

Accedere ad un’area riservata on line è ormai diventato un incubo
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Accedere ad un’area riservata on line è ormai diventato un incubo in grado di stravolgere la serenità familiare. «Cara, dove hai scritto la password?». «No caro, l’avevi segnata tu». «Ma non era nell’agenda?».

A queste prime domande fa inevitabilmente seguito la disputa con rigonfiamento della giugulare. Ora, in un sistema che continua a chiedere parole chiave, che ci invita a cambiarle di frequente, che ci consiglia di usarne poche per non dimenticarle (appunto), la situazione sta diventando kafkiana. È il caso di correre ai ripari.

E dopo la rivoluzione (positiva) della tessera sanitaria che riporta anche il codice fiscale, forse è il caso di uscire dall’ipocrisia della privacy e abbinare gli accessi alle impronte digitali o alla lettura dell’iride. Lo si fa con gli smartphone e non si capisce per quale ragione non lo si possa fare anche per «entrare» nelle aree riservate dei siti che ci offrono un servizio pubblico o privato.

Ma attenzione. Se utilizzate un’impronta digitale state in campana: guai fermarsi ad un solo dito... un’ingessatura o una scottatura potrebbero precludere qualsiasi accesso. Quindi potrebbe essere d’obbligo una password di riserva? Mah. Per ora alziamo le braccia in segno di resa, tanto gli errori non si notano finché non si preme il tasto «invio».

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