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Giovanni Maggiò, il bresciano che rese grande Caserta con basket e lavoro

L’imprenditore partì dal Sebino e per amore mise radici al Sud: cambiò il volto di una città
Giovanni Maggiò
Giovanni Maggiò
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Ci sono uomini nati per lasciare il segno. Anche se la vita ti porta lontano dalla tua terra. Pisogne e Caserta distano 800 chilometri, quasi quanto Berlino e Londra. Quanto possono essere lontani un paese lacustre del profondo Settentrione e una città fragile del Meridione a soli dieci anni dalla fine della guerra? Eppure c’è chi è riuscito a unire i Dna di due terre remote. A farsi molecola. E a cambiare la storia.

Le origini

Quella di Giovanni Francesco Maggiò – imprenditore visionario, Cavaliere del lavoro, presidente di una squadra di provincia arrivata nell’Olimpo della pallacanestro – è la storia di un ragazzo che parte proprio dall’alto Sebino. Dopo la licenza media si appassiona ai lavori in galleria e segue le orme del padre nell’edilizia. Nei primi anni Cinquanta, poco più che ventenne, parte alla volta del Mezzogiorno. Per l’Impresa Rivelli ottiene la direzione dei lavori della galleria dell’Acquedotto Campano a Caserta. Ma tra un rilievo e l’altro in collina conosce Maria Fusco, della quale si innamora subito.

Matrimonio e primi successi

Giovanni e Maria si sposano nel 1955, nell’aprile di quello stesso anno il giovane bresciano fonda anche la sua impresa, Maggiò. E quel cognome che trent’anni dopo sarebbe rimbalzato su tutti i parquet d’Europa dopo poco era già sulla bocca di tanti imprenditori edilizi italiani. Diventato casertano acquisito, è proprio all’ombra della Reggia che Maggiò porta il suo modo di fare imprenditoria in un piccolo capoluogo del Meridione.

Gigante dell’edilizia

La sua attività imprenditoriale a Caserta si concretizza con un paio di edifici residenziali in centro, per poi dedicarsi a grandi opere di viabilità: centinaia di chilometri di acquedotti e infrastrutture dalla Sardegna alla Puglia passando per la Campania, come il palazzo di Giustizia di Napoli (ancora oggi il più grande d’Italia). Nei primi anni Ottanta la società arriva ad essere tra le prime trenta imprese italiane del settore e conta 981 tra operai e dirigenti.

Giovanni Maggiò con il figlio Gianfranco
Giovanni Maggiò con il figlio Gianfranco

«Mio padre non amava chiamarli dipendenti ma collaboratori», ci tiene a sottolineare il figlio Gianfranco Maggiò, memoria storica delle sue gesta. Viene eletto al vertice della Camera di Commercio e dell’Unione degli Industriali di Caserta, poi lo spazio ai giovani e l’impronta manageriale che avrebbe sviluppato le due istituzioni. Un fiume in piena. «Anche se si sentiva ormai più casertano, sicuramente aveva nel Dna la cultura e l’etica del lavoro del bresciano», ricorda il figlio.

Ma c’è di più. Il modello Maggiò si fondava sull’idea che l’azienda dovesse essere una «comunità» che crea benessere per i dipendenti, la città e il territorio, non solo profitto. Un approccio umanistico e sociale che ricorda gli insegnamenti di Adriano Olivetti. «Anche se le dimensioni del paragone sono diverse direi che Olivetti e Maggiò erano uniti dalla stessa visione. Mio padre ripeteva che bisognava restituire qualcosa al territorio, era molto attento al sociale oltre che ai propri collaboratori».

L’amore per il basket

Ed ecco la seconda porta girevole della sua vita. Nel 1971 viene folgorato dalla pallacanestro, questo gioco dei giganti arrivato da oltreoceano. Due anni prima a Caserta si erano disputati i campionati europei in un palasport costruito appositamente per l’evento. Lì gioca la squadra locale: si chiama Juvecaserta. Maggiò la porta rapidamente dalla serie B alla A2, dalla A2 all’A1. Ma nel 1982 quel piccolo palazzetto costruito 13 anni prima è inadeguato e in tutta la provincia non c’è altro per giocare in massima serie. Maggiò non si dà per vinto, trova un terreno a due chilometri dalla città e in soli 100 giorni con le sue maestranze costruisce il Palamaggiò, all’epoca uno degli impianti sportivi coperti più all’avanguardia d’Europa.

Giovanni Maggiò ottenne risultati strepitosi con la Juvecaserta
Giovanni Maggiò ottenne risultati strepitosi con la Juvecaserta

È una rivoluzione che cambia lo stesso volto di una città. L’ascesa nella Reggia del basket è prorompente: trascinata ad ogni partita da 7mila tifosi elettrizzati, la Juvecaserta gioca due finali scudetto nel 1985-’86 e nel 1986-’87 e una finale di Coppa Korac nel 1985-’86, vince una Coppa Italia nel 1987-’88 e gioca una storica finale di Coppa delle Coppe (ribattezzata «la partita di basket più bella di sempre») contro il Real Madrid nel 1988-89. Costruisce un rapporto quasi padre-figlio con Oscar, il giocatore che ha segnato più punti nella storia della pallacanestro. E poi costruisce un vivaio che avrebbe dato al basket nazionale e internazionale Nando Gentile ed Enzo Esposito.

Gianfranco Maggiò
Gianfranco Maggiò

Il destino gli nega l’esaltazione massima, quella della conquista dello scudetto di Caserta nel 1991, l’unico del Sud Italia nella storia della pallacanestro italiana. Giovanni Maggiò muore il 9 ottobre del 1987 a soli 58 anni. A prendere le redini dell’impresa edile e della squadra sono i figli Gianfranco e Ornella. Proprio con Gianfranco Maggiò presidente la Phonola si prende quel magico tricolore, il 21 maggio del 1991. «Vincere uno scudetto a Caserta è come vincerne dieci a Milano. Ma io ho solo finito il lavoro, si deve tutto a mio padre», aggiunge Gianfranco (che oggi è presidente onorario della Juvecaserta 2021, che milita in serie B e ha raccolto l’eredità della storica società).

La fine di un’epoca

Pochi mesi dopo la gioia più grande, l’eredità Maggiò finisce in un baratro. Prima Tangentopoli, che colpisce aziende (come la Lodigiani) e banche (come quella di Napoli) con la quale l’impresa lavorava maggiormente. Poi la sentenza Bosman, che nel 1995 rivoluziona il mondo sportivo privando le società del valore del cartellino dei giocatori. «In quel momento la Juvecaserta si vide azzerato un patrimonio giocatori di 22 miliardi e mezzo di lire».

È la tempesta perfetta. Nel 1996 l’Impresa Maggiò chiude i battenti, due anni dopo la Juvecaserta dichiara fallimento. Nonostante gli anni, le cadute, i rimpianti e le lacrime il nome di Maggiò resta scolpito nella storia di questo Paese attraverso le sue imprese professionali e sportive. E a Caserta, che a lui deve alcune delle sue fortune, ancora oggi è quasi come dire Maradona a Napoli.

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