Gianpaolo Gabanetti, pugile poeta mai sconfitto in 110 match

Vincenzo Cito
A 83 anni guarda orgoglioso a una carriera eccezionale. Da campione superwelter vinse un panino e 500 lire
Gianpaolo Gabanetti, ex pugile bresciano - © www.giornaledibrescia.it
Gianpaolo Gabanetti, ex pugile bresciano - © www.giornaledibrescia.it
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Quando Gianpaolo Gabanetti, 83 anni, disputò il primo incontro di boxe andò giù al primo colpo dell’avversario. Ma – come ha sempre fatto nella sua esistenza – si rialzò subito, vinse per ko alla seconda ripresa e da allora in poi non ha più perso un incontro dilettantistico (110 match, nessuna sconfitta) fino a diventare nel 1965 campione italiano dei superwelter tra i professionisti.

Ricordi

Di quel lontanissimo esordio ricorda una cosa in particolare. «Il premio. Al ritorno ci fermammo su un ponte, mi diedero un panino, una coca cola e 500 lire. Ne fui felice. Avevo 18 anni, una fame da lupo e pochi soldi in tasca». Di ben altro aveva dovuto accontentarsi durante l’infanzia. «Eravamo otto fratelli, vivevamo in campagna a Cignano, era difficile mettere assieme il pranzo con la cena. Tra l’altro mia madre si ammalò e rimase in ospedale per mille lunghissimi giorni. Poi, per fortuna, ha vissuto fino a 89 anni. Senza di lei dovemmo arrangiarci da soli, avevo poco più di tredici anni, mi misi a fare il garzone da un fornaio, la mia giornata cominciava alle 3 del mattino. Almeno mangiavo pane».

Fatica

Figlio della guerra, Gianpaolo i primi pugni li ha dati alla vita, per non farsi sopraffare. «Ho fatto anche il mandriano, poi sono diventato muratore – racconta –. La casa in cui abito adesso, a Manerbio, l’ho costruita io, con i guadagni del pugilato». La strada è stata lunga, costellata anche da amarezze. «Come quando, Verona, dominai un incontro e la giuria decise per il pareggio. Un signore che stava in sedia a rotelle, appassionato di pugilato, si indignò per il verdetto e per consolarmi mi allungò una busta contenente 5mila lire, una fortuna per quei tempi. Mai più rivisto. Però quell’episodio mi diede fiducia».

Gabanetti in bianco e nero ai tempi in cui saliva sul ring - © www.giornaledibrescia.it
Gabanetti in bianco e nero ai tempi in cui saliva sul ring - © www.giornaledibrescia.it

Predestinato

Gabanetti era un predestinato. «Avevo appena 13-14 anni quando un medico mi disse che avevo il cuore di Coppi e mi consigliò di fare attività fisica». La miccia si accese durante una partita del Brescia giocata nel 1958 al campo di viale Piave. «Rimasi incantato da Remo Vigni, faceva parte dell’attacco chiamato Primavera, completato da Ulderico Sacchella, Mino Favini, Eugenio Bersellini e Chico Nova, tutti tra i venti e ventidue anni. Quella volta Vigni fece una tripletta, osannato dalla tifoseria. Tornando a casa mi sentivo elettrizzato da tutte quelle emozioni e mi proposi di diventare anch’io un campione applaudito dalla gente». La scelta del pugilato gli parve l’unica possibile. «Lo sport ideale – sorride – per un attaccabrighe come me».

Etichette

Per le caratteristiche che aveva Gabanetti, nel corso della carriera, fu anche definito «picchiatore». Diede prove della sua potenza quando, in allenamento, mise giù il peso massimo Mario Baruzzi, compagno di scuderia. «È un termine nel quale non mi sono mai riconosciuto perché il pugilato mi ha insegnato soprattutto il rispetto per l’avversario», sottolinea. Ben presto Gianpaolo si è guadagnato ben altro soprannome, quello di pugile poeta, per la spiccata propensione a scrivere versi fin dai primi anni della carriera. «Mi sono dedicato ai classici – si schermisce –, più che altro per affinare le mie capacità di lettura trascurate durante l’adolescenza. I giornalisti scrivevano di me e volevo capire bene cosa dicessero».

Scrittura

I cimeli esposti oggi nelle sale del Comune di Manerbio - © www.giornaledibrescia.it
I cimeli esposti oggi nelle sale del Comune di Manerbio - © www.giornaledibrescia.it

Una sua composizione rispecchia al meglio quanto avviene sul ring («Sul tappeto il tempo è sospeso, intorno si accende una luce inquietante, ogni round è come un’era di vita contesa, un’onda di sensi che t’avvince a sé stante»). E alla moglie Elena scrive: «Mi emozioni sempre, come davanti a un tesoro caro, il vero potere che ci circonda è l’amore, non il denaro». Lo scorso ottobre ha donato al Comune di Manerbio scarpini, guantoni e la cintura tricolore conquistata. Il sindaco Paolo Vittorielli lo ha definito «Campione nella vita e motivo d’orgoglio per tutti gli abitanti del nostro paese». Ma se si guarda indietro, Gianpaolo è orgoglioso soprattutto di quanto fatto fuori dal ring. «Ho sempre cercato di stare dalla parte dei più deboli e fin quando ho potuto sono stato iscritto all’Avis. Le donazioni? 110, come le mie vittorie».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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