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Francesco Cancelli, la rinascita col basket in carrozzina dopo un calvario di interventi

Vincenzo Cito
Più volte sotto i ferri per neoplasie alla schiena, ha scoperto la pallacanestro durante la riabilitazione. Da sempre milita nel club che tiene alti i nostri colori, Icaro
Francesco Cancelli con la maglia dell'Italia - © www.giornaledibrescia.it
Francesco Cancelli con la maglia dell'Italia - © www.giornaledibrescia.it
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È nel buio più profondo che può accendersi la luce. Succede a Francesco Cancelli in una gara di serie B persa in partenza contro la corazzata Bologna, che Brescia tra l’altro sta affrontando a ranghi ridotti.

Sull’altro fronte spopola Giacomo Forcione, astro nascente del nostro basket in carrozzina. I suoi numeri stanno strappando applausi anche al pubblico di casa, ma a un certo punto, stimolano pure la vena mai sopita del giocatore di Icaro, che risponde con altrettanto estro, memore di aver raggiunto anche lui livelli altissimi a inizio carriera, tanto da essere finito nella Nazionale giovanile.

E allora si esibisce in una lunga serie di assist, passaggi dietro la schiena, illuminanti lanci da una parte all’altra del campo. Mette dentro giusto un libero, non segna nemmeno un canestro, li fa segnare tutti ai compagni di squadra, come fa un vero capitano, perché preferisce mettere il talento al servizio degli altri. Il pubblico ora è tutto con lui e anche se la partita (da tempo) è compromessa, Cancelli ha ancora una volta vinto quella personale.

L’infanzia

Quella più importante la combatté molto tempo fa, in un’infanzia diversa da quella di tanti altri bambini, per quanto accompagnata dall’amore infinito della famiglia. «Dentro e fuori dagli ospedali - ricorda - per neoplasie alla schiena che mi fecero finire sotto i ferri nel 2001, quando avevo solo sei anni, nel 2006 e, per l’ultima volta, nel 2009. Alla fine guarii, perdendo però l’uso delle gambe».

Fu durante un periodo di riabilitazione alla Domus che scoprì il basket in carrozzina. «Mi fu consigliato di fare sport, provai per breve tempo il nuoto, ma fu la pallacanestro ad accendere la mia fantasia. Bastarono pochi allenamenti per appassionarmi».

E da allora Cancelli non ha più lasciato Icaro, vi gioca ormai da tredici anni ed è stato interprete e testimone di un’epoca scandita anche da palpitanti esperienze, come le tre promozioni sfuggite solo alle finali. «Con una consolazione - sorride - chi ci batté l’anno dopo tornò subito in B. Il livello del massimo campionato, ormai disputato da professionisti, è irraggiungibile per chi arriva dai cadetti. Ci vorrebbe una A2 per rendere più morbido l’approdo».

La grande chance

Nel torneo dei grandi, Cancelli avrebbe potuto giocare almeno un paio di volte. «Fu la società di Sassari a cercarmi con maggiore insistenza. La tentazione era forte, però il trasferimento in Sardegna avrebbe comportato un completo ribaltamento delle mie abitudini, senza contare che allora gli ingaggi della serie A non consentivano di rendersi autonomi economicamente».

Così preferì restare nella sua Rovato, e non se n’è mai pentito. Lavora a Erbusco, è circondato dal calore degli amici di sempre ed è diventato la bandiera di Icaro, nella buona e nella cattiva sorte. Un solo incredibile, stop - durato quasi un anno - per la rottura del femore... mentre faceva stretching.

«Capisco che la cosa possa far sorridere perché gli esercizi di allungamento prima dell’allenamento si fanno apposta per prevenire gli infortuni. Io invece me ne procurai uno». Non a caso in quella stagione Icaro non vinse neppure una partita. «Mancavano altri giocatori importanti - si schermisce Francesco - come del resto sta succedendo nel campionato attuale. Siamo sempre pochini, è complicato allenarsi e in partita è dura reggere alla distanza contro club dai roster più profondi».

Brescia ha finora vinto solo la gara inaugurale del torneo, è andata vicina al bis domenica scorsa perdendo di un solo punto contro Parma e domenica prossima (alle 15, palestra di via Repubblica Argentina) l’attende un’altra corazzata, l’Hs Varese Amica Elevatori. «A volte ci capita di essere solo in cinque - racconta Francesco -, ma il sesto uomo poi lo troviamo nel nostro pubblico. È bello ricevere gli applausi qualunque sia stato l’esito della sfida, vuol dire che la gente ha compreso i nostri sforzi».

La soddisfazione più bella, per lui tifoso della Germani, è però quando al PalaLeonessa la squadra di Icaro viene fatta sfilare davanti al pubblico prima della partita di serie A. «Quegli applausi me li porto nel cuore fino a casa - conclude Francesco -, e mai come in quei momenti mi sento orgoglioso di essere il capitano di Icaro».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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