Fioravante Vecchione, il prof che preferì il biliardo alla cattedra

Vincenzo Cito
Fu promessa del tennis, poteva intraprendere una carriera da docente: «Ma su consiglio di papà ascoltai la voce del cuore». Nel 2019 si è laureato vicecampione d’Europa
Fioravante Vecchione - © www.giornaledibrescia.it
Fioravante Vecchione - © www.giornaledibrescia.it
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Cinema e letteratura ci hanno consegnato personaggi del biliardo al limite della leggenda, come Eddie lo spaccone, che in una saletta di infimo ordine battè un delinquente i cui amici poi, per ripicca, gli fratturarono i pollici. Noi abbiamo avuto il signor Quindicipalle, interpretato dal compianto Francesco Nuti, che era a sua volta giocatore, e proprio grazie al successo di quel film uscì da un’amara vicenda personale legata all’eccessivo consumo di alcool.

La commedia italiana ha poi prodotto l’immortale Fantozzi, che fingeva con la moglie di avere un’amante per prendere lezioni di notte da un maestro al solo scopo di imparare a giocare (e perdere) col capo per fare carriera. In un sussulto d’orgoglio, invece, il ragioniere più famoso d’Italia vinse poi la partita e, al grido di «Prendo la vecchia», si portò via come ostaggio la mamma del megadirettore.

Fiore all’occhiello

Ritratti anche divertenti, ma che hanno contribuito alla visione distorta di quello che oggi è un vero e proprio sport, interpretato da professionisti che si allenano come atleti, abbinando alla preparazione tecnica e fisica anche quella mentale. Nella nostra città spicca per talento e originalità Fioravante Vecchione, 48 anni da poco compiuti, originario di Nola (Napoli) e bresciano d’adozione da quando, nel 2017, è stato chiamato a far parte dell’Associazione Campomarte, che ha poi lasciato per la Nuova Accademia Verona, salvo proseguire la propria attività di istruttore alla Leonessa Biliardo di Rocco Summa, altro mito di questo sport.

Specialista

Vecchione premiato dopo una vittoria - © www.giornaledibrescia.it
Vecchione premiato dopo una vittoria - © www.giornaledibrescia.it

Fioravante – Il Professore, e non solo per il suo titolo di studi – oggi è uno dei più forti specialisti di questa disciplina. Nel 2019 si è laureato vicecampione d’Europa e in Italia pochi riescono a batterlo. Eppure l’approdo al biliardo è stato puramente casuale, perché il suo progetto di vita prevedeva ben altro. «Papà avvocato, mamma insegnante – ricorda – il mio futuro era già delineato. Mi sono laureato in archeologia e ho poi insegnato nelle scuole superiori per 8 anni. Il biliardo? Cominciato per puro caso. In realtà da piccolo giocavo a tennis ed ero una vera e propria promessa. A 14 anni diventai campione italiano Juniores ed ero in procinto di trasferirmi alla scuola di Bollettieri. Una brutta caduta in motorino mi costrinse alla resa per guai a un ginocchio».

Primi approcci

Finita la convalescenza, per non stare proprio fermo, spinto dagli amici entrò nella sala giochi di Nola, di cui poi anni dopo diventò gestore. «Tutto mi riusciva facile, mi aiutavano i giochi di polso appresi nella pratica del tennis. Vinsi anche una prova del campionato italiano ad Arzachena. Poi mollai tutto per ben sette anni a causa degli impegni universitari e del servizio di leva nei Carabinieri». Al vecchio richiamo, però, negli anni successivi non seppe resistere e tornò a vincere più di prima. E quando l’archeologo grande esperto degli scavi di Pompei («per anni ho fatto anche la guida») si trovò a un bivio, il consiglio giusto gli arrivò dalla famiglia.

La svolta

«Dovevo scegliere – racconta Fioravante –, o il biliardo o la scuola, perché allenarsi ad alto livello era inconciliabile con l’insegnamento. Logica voleva che mi tenessi stretta la cattedra, tra l’altro avevo un ottimo rapporto con gli studenti. Invece papà mi consigliò di ascoltare la voce del cuore, non quella della ragione, perché aveva capito quale fosse la mia vera passione». E così, a un percorso sicuro nel mondo della scuola, Fioravante preferì l’impegno a tempo pieno nel mondo del biliardo. Una scelta che ha pagato, visti i risultati ottenuti.

«Mi resta un solo rimpianto – sospira –, ossia quello di aver perso troppo presto papà, che non ha potuto gustarsi la parte migliore della mia carriera. Però mi ha visto acquisire lo status di professionista dopo aver vinto nel 2008, pochi mesi prima della sua scomparsa, un torneo di qualificazione a San Giovanni Rotondo».

Doppio ruolo

Oggi Vecchione non rimpiange nulla del passato. «Non sempre la scelta più prudente è quella giusta. Ora faccio quello che più mi diverte anche se richiede ore e ore di impegno quotidiano perché oltre a giocare sono istruttore federale». Agli allievi insegna che questa disciplina è quella che più di ogni altra richiede una fortissima preparazione mentale, oltre che tecnica. Primo consiglio? «Non mostrare mai all’avversario segni di cedimento, neppure nelle situazioni peggiori, perché rappresenterebbe per lui uno stimolo in più. Qualunque cosa succeda, bisogna restare di ghiaccio e pensare positivo perché si può capovolgere a proprio favore ogni situazione».

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