Dialèktika

La cultura, i bresciani e il destino de l'òio bù

Tra lavoro, disciplina e tesori nel cassetto
Olio, eccellenza bresciana
Olio, eccellenza bresciana
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«Per catà sö ocór sbasàs zö». Per raccogliere - per poter sollevare un buon risultato - bisogna prima essersi chinati. Talvolta i proverbi condensano in poche parole un intero universo di valori. L’adagio in base al quale «per catà sö ocór sbasàs zó» racconta - così a me pare - della radicata etica calvinista di cui la nostra terra è intrisa. Un’etica che enfatizza il lavoro, la disciplina, la frugalità (valori a cui noi da cattolici affianchiamo l’aiuto a chi soffre). Siamo una terra consapevole che il raccolto prende valore dall’impegno col quale ci si è chinati a seminare. Siamo gente che non si accontenta delle apparenze. Gente che sa che «onestà e gentilèsa la val piö de la belèsa».

Sarà anche per quello che Brescia e i bresciani non hanno mai amato mettersi in mostra, convinti che se giudizio positivo dev’esserci non può che arrivare da fuori. Perché solo «chi g’ha nüsü antadùr i se ànta ’n de per lùr». Ma questa volta i complimenti da fuori sono arrivati davvero. Siamo, con Bergamo, Capitale italiana della cultura. Conosciamo bene il valore dei nostri monumenti, della nostra arte, della nostra cultura. Ma finora eravamo abituati a tenerceli per noi.

E allora adesso godiamoceli, questi complimenti che vengono da fuori. Senza montarci la testa, ma godiamoceli. Prima o poi doveva succedere, perché «l’òio bù el vé sèmper a gàla». Le qualità della nostra terra e di chi vi abita non riusciremo per sempre a chiuderle in un cassetto. In fondo - per fortuna - è il destino delle cose belle: «L’amùr, come la tós, sa pöl mìa tignìl scundìt». Lo dice il proverbio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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