Danilo Fappani, navigatore dei grandi del rally e mentore dei giovani

Quando, nel 1988, Danilo Fappani compì diciannove anni – età minima, allora, per gareggiare – il giorno dopo era già al volante di un’auto da corsa. «Lo ammetto, non ero un campione – ricorda –. Vincevo giusto le gare di paese. Poi, quando conobbi Andrea Dallavilla, che era più forte di me, capii che l’unico modo per imparare qualcosa da lui era fargli da navigatore nei rally».
Ruolo interpretato così bene che oggi Fappani è l’unico italiano ad aver vinto tutti e tre i tre maggiori titoli nazionali (assoluto, su terra e su asfalto) con tre piloti e su tre vetture diverse. È il navigatore con più presenze nel Campionato italiano, dal 1993 in poi, e fino a qualche anno fa, non si è perso un’edizione dei Mondiali. Fiore all’occhiello dell’impressionante carriera, la cinquina nel Rally Mille Miglia, l’ultimo dei quali vinto appena due anni fa, con Stefano Albertini.
Più di un assistente
Fappani è un comprimario di lusso che ha cambiato l’immagine del proprio ruolo, confuso spesso come quello di un semplice assistente che si limita a suggerire la rotta attraverso le indicazioni raccolte col pilota durante le ricognizioni. Danilo è molto di più, ed è per questo che è così richiesto. «Il rapporto che si instaura col pilota deve essere coltivato nel segno della fiducia e del reciproco rispetto – spiega –. La mia figura non può mai sovrapporsi a quella di chi guida, però il consiglio giusto, detto nel momento adatto, può fare la differenza».

Il navigatore è l’uomo più vicino al pilota, l’ancora sicura cui aggrapparsi nelle delicate fasi che precedono la gara. «A volte bisogna essere un po’ psicologi, magari tranquillizzando il coequipier davanti a difficoltà che gli sembrano insormontabili». L’insegnamento più importante? «È la mentalità a essere vincente. È qualcosa di ben diverso dal talento, che da solo non basta. È quella predisposizione a dare sempre il massimo e a non trascurare alcun dettaglio, perché è proprio il dettaglio a fare la differenza». Con l’esperienza, Fappani ha affinato la capacità di comprendere subito il valore di un pilota quando gli si siede accanto la prima volta. Ne ha accompagnati a centinaia, e da ognuno ha attinto qualcosa. A qualcuno, ha insegnato tutto.
Sogni iridati
Fappani, originario di Botticino, ma residente da tempo a Salò, ha acquisito una vasta credibilità internazionale, ed è per questo che la Federazione si è affidata a lui per aumentare la competitività del rally italiano all’estero. È dai tempi di Miki Biasion (campione con la Lancia nel 1988 e nel 1989) che un azzurro non porta a casa un titolo mondiale, ed è dal 1997 che non si vince una singola prova (gli ultimi a riuscirci furono Piero Liatti e Fabrizia Pons, a Montecarlo).
«Il problema è che da noi si arriva all’agonismo troppo tardi, l’esempio da seguire è quello del finlandese Kalle Rovampera, che si è aggiudicato a soli 22 anni il titolo nel 2022 e si è ripetuto nel 2023. Aveva esordito nel Rally di Gran Bretagna a soli 17 anni. Da noi i minorenni possono correre solo in circuito. E allora ci siamo detti: perché non portarli all’estero?».
In Finlandia
Il compito di fare da navigatore è toccato proprio a Fappani. «Abbiamo scelto la Finlandia, la patria di Rovampera, per confrontarci con i più grandi campioni». E così, dal martedì alla domenica, Danilo va in Scandinavia con i ragazzi più promettenti perché si facciano le ossa dove questo sport è una religione. Nel 2023 era toccato a Giovanni Trentin, allora sedicenne, che vinse subito il campionato baltico disputatosi in Lettonia, Estonia e Lituania, nonostante mille difficoltà logistiche. «Non avendo ancora la patente, poteva fare solo da passeggero le ricognizioni che si fanno su strade aperte al traffico».

L’anno scorso il debutto (non facile) nel campionato finlandese, durante il quale, comunque, il giovane ha potuto irrobustire la propria esperienza. Quest’anno Fappani si è portato dietro il diciottenne Valentino Ledda. «Le uscite di strada sono state tante, eppure io sento che questo ragazzo ha dei numeri e ha voglia di emergere», afferma il navigatore. Spesso, con questi adolescenti, Danilo deve svolgere anche il ruolo di genitore. «Anche se nella vita non ho figli, in un certo senso con loro mi sento un po’ papà. Devo far sempre capir loro che quella in Finlandia, per loro, è una grande chance, che altri non hanno avuto. La battaglia più dura è quella col telefonino, dal quale non si staccano mai. Se dai loro qualche informazione, vanno subito a controllarla su Internet...».
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