Dalla moda all’atletica paralimpica: la lunga corsa di Barbara

Affamate dopo la partenza da Roma alle 5 del mattino, strette come alici nel pullman che deve portarle a Macerata per una sfilata, le modelle di Fendi appena arrivate a destinazione vengono attratte da un profumo irresistibile. «Si era fatta ora di pranzo – ricorda oggi Barbara Vistarini, 60 anni – e portarono gli amati supplì della nostra cucina. Non li assaggiavo da mesi, immalinconita da troppe gallette di segale. Quel profumino di riso fritto al pomodoro, pangrattato e mozzarella mi fece capire che stavo sbagliando tutto nella vita».
La trasformazione

Succede spesso di avere la sensazione di condurre l’esistenza di un altro. Anche da un episodio come questo Barbara capisce che la moda non è la sua strada e all’espressione della bellezza può arrivare attraverso l’arte, per la quale mostra da tempo un precocissimo talento, e – completato il ciclo di studi – comincia a insegnarla nelle scuole medie e all’Accademia proprio a Brescia, dove arriva negli anni Novanta. Inoltre, presenta mostre di successo. La trasformazione però non è del tutto completata. Vistarini, a causa dell’altezza (già a 14 anni era un metro e 76), è stata fin da subito spinta verso la pallacanestro e, siccome ha gambe lunghe, anche verso l’atletica (sprint e ostacoli).
La corsa
«Ma io volevo solo correre». Così ha intitolato un capitolo di un suo libro, nel quale parla proprio della passione per il running. E la corsa, a un certo punto, diventa la sua scelta. Senza vincoli di risultati o di tempo. E con la mente aperta, sempre, alla bellezza. «Può capitare di cogliere l’incanto della forma e dei colori in composizioni casuali, come le spugne colorate disseminate dagli atleti lungo il percorso, una quercia nel bel mezzo di un campo arato, la visione della Torre Eiffel mentre corri la Maratona di Parigi. O, ancora, il Colosseo che si staglia nel cielo, alla partenza di quella di Roma».
Barbara si spinge anche oltre e un giorno, a Milano, attende all’alba che il furgone delle pulizie stradali finisca il lavoro per avere campo libero e lanciarsi in una nuova sfida, quella di correre indossando scarpe con tacco 12 lungo un tracciato di 10 chilometri. «Questa disciplina – racconta – costringe a pensare a se stessi, a mettersi in cima alla lista delle proprie priorità, ad ascoltarsi nel turbinio degli impegni quotidiani, ad affrontare i propri limiti e a comprendere le reali possibilità che ciascuno di noi ha».
Per gli altri
La vera svolta nella vita di Barbara Vistarini è anticipata da un’opera d’arte. Si tratta di un’installazione, composta da centinaia di mani di carta unite, che paiono prendere il volo lungo le pareti di una galleria. Rappresentano i valori dell’accoglienza, dell’intimità e dell’amicizia. «Chiusa nel mio mondo artistico mi ero chiesta quanto mi importasse ancora degli altri e ho compreso che non ne potevo fare a meno», ricorda. Da qui la scelta radicale di dedicarsi all’atletica meno celebrata, ma che umanamente dà più soddisfazioni. Ossia quella paralimpica.
La svolta
Fonda una sezione nel Cus Brescia, diventandone dirigente, promuove corsi di formazione e svolge anche l’attività di istruttrice e guida. Tutto comincia nel 2017, quando incontra un gruppo di atleti non vedenti, uniti nella corsa da un cordino. «Rimasi rapita da quella scena, la corsa non diventava più un fatto individuale, ma un autentico donarsi all’altro, senza chiedere nulla in cambio - racconta -. Tutto all’insegna del più sano spirito di solidarietà».

Oggi Barbara è un punto di riferimento per tanti giovanissimi avviati alla pratica sportiva e per i loro genitori. Ha dato loro un’occasione, li ha aiutati a vincere la paura. «È stato difficile soprattutto nel periodo del Covid – ricorda ancora –, per via dei protocolli infiniti, degli impianti chiusi, delle tante società che chiudevano i battenti. Eppure voci autorevoli della ricerca in campo psichiatrico hanno rivelato che in quelle situazioni proprio i comportamenti altruistici ci hanno salvato dalla depressione e hanno dato un senso a ciò che stava accadendo». Ora Barbara Vistarini conosce la sua strada e vuole percorrerla fino in fondo. Il ricordo più dolce? «Al via di una gara non competitiva quando un ragazzo autistico, senza conoscermi, mi ha dato un bacio sulla guancia, mi ha tenuto stretta la mano senza più mollarla. Allora abbiamo corso così, uno accanto all’altra. Non c’è forma di comunicazione più intima e bella».
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