Storie

Con il vizio dei «santuari»

Ingannare l’attesa dell’emergenza con dei racconti: uno al giorno come nel Decameron
Un piatto di canederli in alta quota - Foto © www.giornaledibrescia.it
Un piatto di canederli in alta quota - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Ingannare l’attesa dell’emergenza con dei racconti... uno al giorno come nel Decameron. Sollecitati da una proposta dello scrittore bresciano Nicola Fiorin, abbiamo lanciato ai lettori bresciani l’idea di inviarci dei racconti per l’eventuale pubblicazione sul giornale o sul nostro sito. Alcuni sono già arrivati. Chi volesse proporne uno, dovrà attenersi nel limite delle 3.500 battute, ed inviarlo a lettere@giornaledibrescia.it.

Mi girai stupita quando sentii ordinare «Brunello di Montalcino 2015 e una doppia porzione di canederli allo speck».
E non tanto per l'accostamento, ma in quanto ben difficilmente in uno spartano rifugio a oltre 2.000 metri di altitudine, al confine con l'Austria, si sarebbe potuto trovare una bottiglia del genere. Per cui grande fu la mia sorpresa nel vedere il gestore non battere ciglio, apparecchiare con cura e portare quanto richiesto. Si dice che la curiosità sia femmina, ed è vero. Non esitai un attimo.
«Posso?», chiesi sfoderando il mio miglior sorriso e sedendomi senza aspettare risposta, proprio di fronte all'origine del mio stupore. Un uomo assolutamente distinto, quasi elegante pure nella camicia di flanella a scacchi, calzettoni e scarponi. Leggermente soprappeso, ma a me gli uomini piacciono così, più verso i cinquanta che ai quaranta, barba di tre giorni, capelli brizzolati cortissimi e sorriso da uomo buono.
«Non si preoccupi, non esiste nessuna cantina super fornita qua. È che… ».
E così, prima che gli ponessi qualsiasi domanda, mi tolse dall'imbarazzo e mi raccontò di come quel rifugio fosse una delle sue mete preferite; che vino, e a volte pietanze speciali, le ordinava con settimane di anticipo a Hermann, il gestore. Di santuari del genere, mi disse, ne aveva oramai identificati parecchi e quello era il suo unico vizio: un pranzo speciale in un luogo caratteristico da abbinare a una camminata in montagna o a una visita ad un museo, piuttosto che a un borgo medievale o altro. Senza darmi il tempo di abbozzare una pallida protesta, che sarebbe certamente suonata troppo falsa, ordinò anche per me canederli, ai quali seguì un enorme tagliere di speck e formaggio grigio. Non potei ovviamente fare a meno di apprezzare l'accostamento col profumato vino rosso rubino. Percorremmo assieme il sentiero del ritorno chiacchierando e scherzando come vecchi amici. Ci scambiammo il numero di telefono e da quel giorno il «vizio» di Pierluigi divenne anche il mio. Ogni tanto, senza scadenze fisse, mi telefonava, mi proponeva il tour, compreso di menù programmato, ed io accettavo senza controbattere, apprezzando ogni volta di più le pietanze, gli abbinamenti e …l'uomo. Posso oggi dire che me ne ero innamorata? Penso proprio di sì. Ma lui mai parlava della sua vita privata e se si creava un po’ di intimità tra di noi, ed il vino in questo aiutava, lui mi sfuggiva sorridendo, versandomi magari l'ultimo sorso di vin Santo di Carmignano ad accompagnare i dolcetti alle mandorle. 
Arrivai alla conclusione che fosse un marito fedele. Non ebbi il coraggio di chiederglielo e così decisi di scoprirlo da sola. Conoscevo il nome del piccolo paesino della bassa bresciana dove abitava, proprio in prossimità della piazza principale, o meglio dell'unica piazza, come a lui piaceva sottolineare con compiacimento.
Quella domenica, prima delle nove, l'aria era pungente ed io ero seduta al Centrale, unica cliente ad un tavolino esterno. In realtà, complice l'allarme sul contagio del Covid 19 (lo nomino soltanto col suo nome scientifico giusto per darmi una certa importanza), ero praticamente l'unica presenza nel centro del piccolo paesino.
Alle undici presidiavo ancora immobile la postazione sorseggiando tè al mirtillo, stringendo forte la tazza per scaldarmi le mani intirizzite e scrutando le poche persone che attraversavano con passo veloce il porticato. Anche la chiesa era «chiusa per Messa festiva». Riaprì le porte, però, al termine della celebrazione. Rassegnata, decisi di tornarmene a casa, cento chilometri per nulla.
«Maria che sorpresa!», sentii invece esultare alle mie spalle.
«Beh, immagino che sia una grossa sorpresa anche per te», continuò.
«Ora la bocca puoi anche chiuderla».
Ma io non riuscivo a chiuderla, non riuscivo a parlare e neanche a respirare, mentre lo sguardo era bloccato su Pierluigi con la veste nera lunga fino ai piedi, chiusa da una lunga fila di bottoncini dello stesso colore, il colletto bianco e rigido.
Passati i primi minuti di sbigottimento ci abbracciammo stretti a lungo senza scambiarci una parola incuranti degli sguardi imbarazzati dei pochi passanti. Ci avrebbe pensato domani, don Pierluigi!

Note biografiche.

Pierluigi Fappani vive a Rezzato. Ha vinto in passato alcuni concorsi per racconti in Italia. Da qualche anno ha appeso però la penna al chiodo ma l'ha ripresa «perché questa iniziativa mi pare particolarmente indovinata».

 

 

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