Chiapas, terra di rinascita

Scrive in «itañol», un misto di spagnolo e italiano con qualche citazione che arriva dritta dal dialetto bresciano. Una lingua che lo rispecchia, che dice delle sue radici, del suo presente e del suo futuro.
Carlo Galli ha festeggiato il suo 38esimo compleanno pochi giorni fa, non a Breno dove è nato, non a Erbanno di Darfo dove è cresciuto, non a Pisogne dove ha vissuto. Ha spento le candeline a San Cristobal de las Casas, nel Chiapas, regione del Messico. Lì è arrivato otto anni fa, lì ha trovato la sua terra della salvezza dopo essersi «perso nel dolore». Perché se oggi le foto di Carlo raccontano gioia e sorrisi è grazie a quella fetta di terra dall’altra parte dell’oceano, ma ancor più grazie a Rebeca, la fidanzata, Angela Lilith, la figlia, e Demian, il fratellone. La sua è una storia di rinascita.
Non aveva nemmeno trent’anni, Carlo, quando ha perso mamma e papà, portati via nel giro di pochi mesi da un brutto male. «Una storia di vita come molte altre - scrive in una mail -, tristemente al Civile c’erano tanti altri casi simili a quello dei miei genitori». Nel 2005 se ne va anche il lavoro insieme alla concessionaria di famiglia. «Avevo bisogno di cambiare aria - scrive ancora -. Non avrei mai pensato di lasciare la mia valle amata, soffro ancora oggi di malinconia. Ma qui sto rinascendo».
Il secondo tempo della vita di Carlo inizia con «La Viña de Bacco», bar vinateria aperto insieme ad un altro camuno, Riccardo, che in Chiapas si è trasferito perché nell’ultimo giorno di una vacanza di tanto tempo fa si è innamorato di una ragazza del posto e lì è poi tornato a vivere. «Rebeca, la mia fidanzata (ci volevamo sposare in valle il prossimo anno ma le chiedono troppi documenti, ci sposeremo qui) - scrive ancora Carlo - l’ho conosciuta al bar, come cliente. Le ho offerto un paio di calici, alcune rose e ci siamo innamorati. È splendida, mi sopporta e ama in questa mia fase di rinascita». «Amo avere una casa e un pezzo di terra di mia proprietà senza mutui con le banche, senza aver debiti. Amo di qui lavorare tre giorni a settimana, aver fatto famiglia senza definire budget. Di Chiapas amo la natura, le spiagge lunghe senza gente, la medicina alternativa, i massaggi energetici, i colori delle case, la semplicità della vita, come era da noi anni fa, pagare poche tasse, la musica messicana, la famiglia grande, la festa, la senzazione di essere ancora in una vacanza da sogno. Amo avere animali, un cagnone, tre gatti, i pesci rossi, la tacchina, il gallo, le galline, la coniglia. In Italia oggi non potrei vivere: il sistema, la politica, le tasse, gli avvocati, i notai, i debiti non fanno più per me. Sarei un pesciolino fuor d’acqua…».
Sono mail colme di affetto e di speranza. «Sogno di ritornare, un giorno. O, meglio, avere una doppia vita: passare l’estate a Pisogne con una bella cantina messicana e l’inverno qui. Della Valle mi mancano gli amici, alcuni famigliari, i fratelli e i nipoti, le passeggiate in primavera in motocicletta, le stagioni, i ristorantini, la carne di cavallo, le sagre estive. Ma ho avuto tutto questo per tanto tempo, alla fine sono stato un giovane fortunato. Ho goduto di una bella Italia, e quando la festa lì finiva la vita mi ha portato lontano».
Carlo è tornato spesso in Valle negli ultimi anni: «Quando torno è bellissimo - racconta nella mail -, ingrasso come un porco, mangio e bevo tutto il tempo, la gente mi vede negli occhi qualcosa di diverso, e normalmente mi invidia. Parlo con tutti e tanto, mi fermo ore in trattorie e al bar, godo delle vacanze in Italia, e se sono corte è meglio, così evito che le gente ti ricopra di crisi… Non mi piace essere trattato come uno straniero, capisco come si sentono gli stranieri in Valle Camonica. Del Messico mi spaventa la violenza, ma mi è lontana, quindi non mi tocca. Odio la distanza con casa, odio che i miei fratelli non possano venire più spesso».
Carlo si racconta da solo, non c’è bisogno di aggiungere nulla. La sua è la storia di chi non ha ceduto al dolore. Ha sempre amato la Ducati e l’Alfa Romeo, ma a «Sancri» guida un maggiolone. A «La Viña de Bacco» - tappa consigliata dalle più importanti guide di viaggi -, si gustano prodotti quasi esclusivamente messicani. Ma un pizzico di valle non poteva mancare: «Siamo finiti anche nel New York Times. Tutto vendendo calicini, come faceva le domenica di tanti anni fa il mio nonno...».
Giovanna Zenti
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