Chi era Baroncelli, il direttore della Queriniana che leggeva la storia nelle «postille»

«Qualche centinaio di incunabuli reca postille sia marginali sia nell’interno dei piatti della rilegatura o nelle prime e nelle ultime carte. Ho ritenuto opportuno di leggerle e di segnalarle, sia pure nella forma più concisa. Molte, scritte male o sbiadite, si presentano di difficile lettura. Mi sono soffermato su queste postille più a lungo forse di quanto il loro effettivo valore non comportasse, ma sia queste sia molte di quelle citate nelle schede dei singoli volumi, mi sono apparse prove del valore che a certe notizie attribuirono di volta in volta gli ignoti possessori dei libri. Sono note di costume, testimonianza viva del gusto, degli interessi più vari di persone delle quali la storia non parla, ma che pure sono esistite e nella vita hanno recitato la loro parte, così come l’ignoto scolaro che, degno precursore di tanti suoi compagni di tutti i tempi, lasciò sgorbi e disegni nelle carte di una edizione che noi oggi giudichiamo preziosa. Così facendo il lavoro si è più che triplicato ma non ho voluto passare sotto silenzio l’esistenza di postille che possano portare un contributo anche modesto o alla interpretazione del testo o alla conoscenza di piccoli episodi, di figure, di personaggi della vita e della cultura bresciana di un tempo, di firme e di note che danno un’idea dell’apporto recato alla Queriniana dalle biblioteche monastiche di conventi soppressi e ci permettano di farci un’idea della loro importanza».
Con queste parole Ugo Baroncelli (1905-1990), storico direttore della Biblioteca Queriniana, introduce il ponderoso e pionieristico catalogo «Gli incunabuli della Biblioteca Queriniana di Brescia» (Brescia, Ateneo, 1970) giustificando a chi lo avesse poi avuto tra le mani la lunga e meticolosa indagine condotta negli anni sui singoli esemplari a stampa.
Le opere
Il lavoro si era dilatato a tal punto che il catalogo, da semplice strumento di accertamento bibliografico, era divenuto una sorta di grimaldello alla cultura bresciana del Quattro-Cinquecento, fitto di nomi e riferimenti, al punto da restare a tutt’oggi indispensabile. Né era quello l’unico contributo di tal peso realizzato dall’infaticabile studioso e bibliotecario il cui profilo riemerge, in compagnia di decine di colleghi e colleghe (si pensi alle straordinarie Guerriera Guerrieri e Maria Giuseppina Castellano Lanzara negli stessi anni alla guida della Biblioteca Nazionale e dell’Universitaria di Napoli), nel recente «Dizionario dei bibliotecari italiani del Novecento», a cura di Simonetta Buttò e Alberto Petrucciani, pubblicato dall’Associazione italiana biblioteche.
Nel 1953 Baroncelli aveva curato l’analogo Catalogo degli incunaboli della Biblioteca della Fondazione Ugo da Como (Firenze, Olschki, 1953), dedicato al patrimonio della Fondazione lonatese. Sempre sul fronte degli studi di storia del libro negli anni Sessanta aveva licenziato il prezioso saggio dedicato alla tipografia gardesana del Rinascimento «La stampa nella riviera bresciana del Garda nei secoli XV e XVI» (Salò, Ateneo di Salò, 1964).
Chi era
Baroncelli si era laureato a Padova con l’illustre storico Roberto Cessi. Aveva iniziato come docente di liceo, salvo poi, negli anni Trenta, entrare come bibliotecario nei ranghi della Queriniana, di cui assunse ufficialmente la direzione nel Dopoguerra. Ma è proprio negli anni drammatici della Guerra che aveva dato prova di sé, contribuendo in modo decisivo a mettere in salvo non solo i preziosi manoscritti e i volumi a stampa, ma anche il patrimonio artistico conservato nelle chiese e nei musei di Brescia, in qualità di Ispettore onorario ai musei e alle opere d’arte, carica che aveva assunto nel 1942.
Dopo la fine della guerra affrontò con altrettanta determinazione l’opera di recupero del materiale librario e ricostruzione dei locali che vennero ampliati e razionalizzati. L’inaugurazione nel 1950 della «nuova» Queriniana coincise con la celebrazione del bicentenario della Biblioteca e Baroncelli non si lasciò sfuggire l’occasione per allestire una grande mostra celebrativa.
Nel 1969, un anno prima di lasciare la direzione dell’amata Queriniana, ricevette dal Presidente della Repubblica Saragat la medaglia d’oro per i benemeriti della cultura.
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