Brescia, cronaca di un disastro che arriva da lontano

Angoscia e turbamento. È tutto quel che resta su un tappeto biancazzuro che non si sa chi potrà spazzolare. Brescia colpito e affondato solo incidentalmente dal Genoa, perché è stato bravissimo a farsi sempre e solo malissimo da sé in questa stagione. Della quale restano 8 manches da disputare: ma la prospettiva, più che speranza regala la sensazione di un viaggio dentro un giardino delle torture.
In mezzo, una sosta da vivere chissà come e dicendosi chissà cosa per darsi un po’ di forza e raccontarsi che non è finita fino a che non è finita. Del resto, così è con ancora 24 punti in palio: ma la pochezza del Brescia è tale e il senso d’impotenza è tanto, che allo stato attuale pure il solo realistico obiettivo del raggiungimento dei play out appare fuori portata. Sarà la botta di uno 0-3 immeritato eppure inappellabile, saranno le immagini potentemente evocative della caccia a Cellino che si è scatenata nel dopo gara contro il Genoa, sarà stata l’aggiunta di veleno dei risultati dagli altri campi, ma quei colori e dolori di sentenza anticipata, saranno molto difficili da lavare via.
Forze da raccogliere
È chiaro che va fatto. È ovvio che un modo qualunque vada tovato. Ma è tutto così profonamente e inaccettabilmente desolante e sconcertante. Perché onestamente non si sa da che parte girarsi per trovare un appiglio se più lo si cerca e più l’unica cosa contro la quale si va sbattere dentro un grande vuoto, è una domanda. Questa: ma cosa è il Brescia? Rispondere, crea imbarazzo. E la tentazione è peraltro quella di farlo con un’altra domanda. Tipo: c’è nessuno? Perché agli occhi di chi osserva, l’essenza del Brescia ora come ora è ridotta a una squadra, limitata, che per trequarti di stagione è stata all’ultimo posto delle gerarchie delle vicende, degli scossoni e dei controscossoni che hanno dominato la scena.
Ricostruzioni
Una squadra lasciata in balìa di se stessa, senza cura, salvo poi accorgersi che toh: chi scende in campo, dovrebbe essere al primo posto dei pensieri. Che ora, magicamente, sono appunto e anche logicamente tutti in capo a un gruppo che s’è ritrovato con il cerino in mano. E in una lotta pressoché solitaria visto che la squadra è ora il solo e unico punto di riferimento di quello che fu il Brescia. Immerso in un silenzio assordante tra un presidente ormai accerchiato, in estrema difficoltà e che ha tagliato i ponti col mondo circostante, un direttore sportivo-non direttore sportivo come Giorgio Perinetti che non rappresenta un riferimento nemmeno per i giocatori e potremmo continuare così, un direttore generale come Luigi Micheli che si era arditamente immolato a parlare di numeri di bilancio di fronte a una crisi di numeri tecnici.
Chi è il Brescia? Cosa è il Brescia?
Una creatura che non ha sviluppato un’anima e nemmeno una voce. Un contenitore dentro il quale nei mesi in cui Cellino è stato mentalmente molto assente, si sono consumate guerricciole interne, che hanno impedito lo sviluppo di un’anima e quindi di un’unità d’intenti. E intanto, nessuno ha visto arrivare il baratro. E chi anzi lo aveva avvistato, non ha trovato ascolto in un mix di mancanza di lucidità e supponenza nel non comprendere in tempo utile che la squadra era in fortissima sofferenza prima di tutto emotiva. Con questa sofferenza che poi ha finito per intaccare anche quei valori tecnici che pur pochi in un quadro normale sarebbero bastati per venire a capo di un campionato di una mediocrità imbarazzante. Perché questa è l’aggravante: Brescia ultimo in un torneo mai così modesto.
Eppure c’era il mercato da potersi giocare e il dissequestro di beni disposto dalla Cassazione prima della fine della sessione di mercato invernale pareva un segno del destino: macché, jolly gettato alle ortiche accontentandosi di mezze figure e con l’ardire di non aver considerato il peso tecnico di Moreo, con l’ardire di aver pensato di poter fare a meno di un centravanti. Sissignori: il Brescia sta per implodere nel proprio vuoto di figure, idee e competenze nei ruoli apicali. Fa paura, dicevamo, immaginare anche solo le prossime due settimane. Figuriamoci un futuro indecifrabile. Quel che si sa è che Cellino, dopo aver sul serio pensato dall’arrivo di Gastaldello (oltretutto pure lui osteggiato dalla tifoseria ) che il Brescia si sarebbe salvato facile, ha preso coscienza della forma realistica dello spettro chiamato serie C.
E si sta preparando all’eventualità studiando conti, contratti e budget. Perché cosa succederà ancora non è scritto nelle stelle: a qualcuno può interessare un Brescia agli inferi del calcio professionistico? Rimpianti e domande senza risposte: ecco di cosa è fatta la quotidianità di un Brescia che però, proprio perché almeno nel nome è ancora il Brescia, è pregato di chiamare a raccolta la dignità. Perché se può capitare di sbagliare una stagione, così non può succedere.
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