Boem: «Dopo 106 anni si dia degna sepoltura ai 94 soldati ritrovati al Tonale»
Lassù, sui prati del Tonale, dopo oltre un secolo la storia e la cronaca vanno ancora a braccetto. Le armi, grazie al cielo, tacciono dal 1918 e altre pagine di cruente battaglie non devono essere scritte. Si tratterebbe però di ristampare l’ultimo capitolo per accogliere un aggiornamento carico di significati e far calare un sipario di umanità su quello che fu uno dei teatri più estremi della Prima guerra mondiale.
Sì, perché in quota, sulle pendici di Cima Cady, il gardesano Sergio Boem, alpino e appassionato di storia, cinque anni fa ha portato a compimento le sue ricerche, ispirate dal diario del Battaglione Valcamonica redatto dal suo nonno materno, ed ha individuato due fosse comuni in cui i soldati italiani seppellirono 94 militari austro ungarici, morti nella cruenta battaglia del 13 giugno 1918.
Una delle due, quella in territorio trentino, è stata indagata: ne sono stati estratti dodici corpi, poi analizzati al Muse, il Museo delle Scienze di Trento, e quindi tumulati nel sacrario di Castel Dante, a Rovereto. Per l’altra, in territorio bresciano, invece non è stato autorizzato alcuno scavo.
L’urgenza

Ed eccoci all’attualità, perché a distanza di due anni dall’intervento condotto sulla fossa trentina, arriva un nuovo appello affinché lo stesso si possa fare su quella lombarda, distante solo poche decine di metri. Un appello urgente, perché l’obiettivo di dare una più degna sepoltura agli 82 corpi in essa contenuti rischia di essere compromesso dal passaggio di qualche «tombarolo» alla ricerca di cimeli bellici. A rilanciare quell’appello è lo stesso Boem.
Lo ha fatto venerdì sera a Brescia, nella sede della Croce Bianca che ha ospitato una partecipata presentazione del suo libro dedicato proprio ai «dimenticati di Cima Cady», ribadendo concetti già espressi recentemente anche a Vicenza, lo scorso 27 aprile, in un appuntamento promosso in vista dell’imminente Adunata nazionale degli Alpini. «Come la Soprintendenza di Trento - dichiara Boem - ha attivato le proprie capacità e competenze per recuperare questi corpi, ci auguriamo che anche quella di Brescia, da tempo al corrente della scoperta, faccia altrettanto».
Qualche interlocuzione c’è stata, ma dagli uffici bresciani sinora non è emersa una disponibilità ad autorizzare gli scavi. «È un peccato - aggiunge l’alpino gardesano - perché l’esito delle ricerche condotte sui corpi trovati nella fossa trentina è stato interessante, anche se non si sono trovati elementi tali da ricondurre alla loro identità, e soprattutto perché dare una vera, degna sepoltura a quegli uomini sarebbe doveroso, umanamente doveroso, ed avrebbe un grandissimo valore: non importa quale fosse la nazionalità e il colore della divisa di quei soldati, ma il fatto che fossero ragazzi, uomini come noi, che non tornarono a casa per la follia della guerra».
Il messaggio di pace

Eventuali analisi sui corpi «bresciani» potrebbero confermare quanto emerso da quelle effettuate sui «trentini», come la presenza di patologie dentarie, come carie e ascessi, rivelatrici di come i soldati non solo lottavano con i pericoli e lo stress della battaglia, ma probabilmente anche con acuti dolori dentali.
Alcuni individui, poi, nonostante la giovane età, hanno segni di artrosi ai piedi, altri di traumi cranici dovuti alla battaglia, inclusi fori di ingresso probabilmente legati a colpi di mitragliatrice. Era la bestialità della guerra, uguale da una parte e dall’altra del fronte, raccontata da un’attualità che ci ricollega alla Storia: sì, occorre scrivere un ultimo capitolo, per rispetto alle tante vite spezzate e perché dai prati del Tonale possa soffiare più forte un messaggio di pace.
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