Vanessa Ferrari: «La medaglia mi ripaga di tutti i sacrifici»

La medaglia d’argento brilla sul petto, il rossetto tinge di scarlatto la sua bocca. Vanessa Ferrari è stanca ma soddisfatta, perché ha compiuto la sua missione alle Olimpiadi di Tokyo 2020. «Finalmente. Sono felicissima di aver fatto tutto come lo avevo sognato. Ho stoppato gli arrivi, ho fatto i salti artistici, ho scelto una coreografia per emozionare la giuria e chi mi guardava e penso di esserci riuscita».
L’americana Carey si poteva battere?
«Io sono partita che volevo far risuonare l’inno, quindi puntavo all’oro. Il valore di partenza della Carey era più alto del mio, perché anziché sui salti ho giocato sull’esecuzione. Avendo avuto tanti problemi ai piedi, avrei potuto anche fare un esercizio più difficile, ma non penso che la giuria lo avrebbe valutato. Quindi è andata bene così. Questo argento è bellissimo e mi ripaga di tutti i sacrifici che ho fatto. Sono felice e orgogliosa».
Andrà avanti per prendersi l’oro a Parigi 2024?
«Non so cosa farò, volevo chiudere questo percorso al meglio e così è stato. Tornerò a casa e rifletterò su cosa sarà meglio per il mio futuro. Non volterò mai le spalle a questo sport. Potrò cambiare ruolo, ma rimarrò in palestra».
Ha ripensato ai quarti posti di Rio e Londra quando era sul podio?
«Mi ha fatto specie vedere qui due atlete al terzo posto ex aequo e pensare che a me non avevano dato il bronzo pari merito nel 2012».
Che effetto le fa superare rivali più giovani di lei e senza infortuni nel curriculum?
«Non penso alla carta d’identità quando sono in gara. So che col giusto allenamento si può arrivare dovunque e a qualsiasi età».
In questo percorso tormentato, c’è stato un momento in cui ha pensato di non farcela?
«Quando mi sono rotta il tendine non sapevo se sarei riuscita a essere di nuovo un’atleta. Era l’infortunio più grave tra quelli che ho avuto. Sono tornata dopo più di 500 giorni, ma dopo appena tre gare mi hanno dovuto rioperare perché non stavo ancora bene. Poi ho scoperto di avere altri problemi e il Covid ha scombussolato i tempi. Sono arrivata a tre settimane dalla partenza per il Giappone ancora senza qualifica. Per fortuna mi ero preparata il piano B, allenandomi su tutti gli attrezzi. Meno male che l’ho fatto così ho potuto dare il mio contributo alla squadra quando si è infortunata Giorgia Villa».
I trionfi di Jacobs e Tamberi le hanno dato una spinta in più?
«Vedere due italiani vincenti e l’aggressività che ci hanno messo mi ha caricata, ma la spinta in più te la puoi dare solo tu con i nervi saldi. A differenza di Tamberi che era da cinque anni che pensava a Tokyo, io per arrivare qui ho dovuto fare un passo alla volta».
Nella classifica delle sue medaglie, questo argento a che posto figura?
«Non lo so, non ci ho ancora pensato. Tra questa e quella di Aarhus è una bella lotta».
A chi la dedica?
«A tutti quelli che mi hanno sostenuto, ma soprattutto a quelli che hanno creduto in me quando neanche io ci credevo. Molti pensavano che non sarei tornata e che non ce l’avrei fatta».
Prima della gara che ha fatto?
«Ho cercato di riposarmi e non pensare troppo alla gara».
Questa notte riuscirà a dormire?
«Non lo so, non mi preoccupa. Per fortuna sono riuscita a dormire prima della finale».
Le gemelline inglesi le hanno chiesto una foto a fine gara, perché è un mito....
«Sono molto felice quando altre ginnaste mi cercano per fare delle fotografie o degli autografi».
Ha sentito Biles in questi giorni?
«Solo prima della prova a squadre quando si era venuta a scusare per le frasi che circolavano sui Social. Poi mi aveva chiesto dove avrei messo il tatuaggio di Tokyo e le ho risposto che non ci avevo ancora pensato. Spero che Simone possa ritrovare i suoi tempi in volo. Farà solo la trave, perché penso che abbia semplificato l’uscita. Ma non deve dimostrare nulla a nessuno».
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