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Totti story: tutto iniziò 20 anni fa al Rigamonti

L'esordio al 43' della ripresa mentre il giorno prima aveva giocato con la Primavera. I giallorossi s'imposero 2-0
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La maglia della Roma numero 16, targata Barilla, Francesco Totti la conserva ancora in un cassetto. La indossava allo stadio Rigamonti domenica 28 marzo 1993, quando a tutto pensava il ragazzo non ancora 17enne, nato a Porta Petronia, tranne che di esordire in serie A. E invece i primi passi da professionista di quello che per molti è il Pupone e per tantissimi il «capitano», sono stati fatti a Mompiano, in una domenica pomeriggio di finta primavera proprio come oggi.

Vent'anni fa iniziava la carriera di Francesco Totti, vent'anni fa i tredicimila del Rigamonti non pensavano certo di trovarsi di fronte a uno dei pilastri del calcio italiano, che con i suoi 226 gol è il secondo marcatore di sempre.

Da numero 16 è diventato non un numero 10, ma «il» numero 10 e sogna, sogna ancora a quasi 37 anni: lo scudetto con la Roma, la Champions, magari il Mondiale a Rio visto che Prandelli è rimasto sbalordito dalla sua stagione, tanto da ammettere che se resterà su questi livelli non potrà fare finta di nulla. E Totti ci vuole restare, su questi livelli, perché al di là dei traguardi di squadra c'è quello personale: agganciare e superare Piola, cannoniere di tutti i tempi con 274 gol.

La storia però è iniziata al Rigamonti il 28 marzo del '93, o forse un giorno prima: Totti gioca nella Primavera di Spinosi, i giallorossi vanno ad Ascoli e all'intervallo sono in vantaggio 2-0, manco a dirlo con la doppietta del «ragazzetto» biondo. Il tecnico non lo rimanda in campo, ma lo fa salire in macchina e lo spedisce a Brescia, nel ritiro della prima squadra. Francesco il giorno dopo va in panchina, il copione è più o meno lo stesso vissuto 24 ore prima: la Roma dopo un tempo è avanti 2-0, gol di Caniggia e Mihajlovic. Sarà anche il finale. Il Brescia non c'è, Lucescu prova addirittura a mettere Negro centravanti, mossa che nessuno capisce. Verso la fine Boskov, tecnico dei capitolini, si gira verso la panchina: «Scaldati, dai che entri» dice, ma Totti crede che la frase sia per Muzzi, allora seduto al suo fianco, oggi allenatore in seconda della Roma (è il vice di Andreazzoli).

Invece no, tocca proprio al ragazzino, che subentra a Rizzitelli mentre il suo idolo, Giannini, se ne va con il broncio sostituito da Salsano. Siamo al 43' della ripresa, il capitano è Aldair, con cui vincerà lo scudetto nel 2001. Totti vorrebbe dedicare l'esordio a Marzia, la fidanzata che gioca a volley, ma il presidente Ciarrapico è in prigione per Mani Pulite e la squadra in silenzio stampa.

Si tiene tutto dentro, spera solo che quello sia il primo passo verso la gloria. Quella che decide di conquistarsi in giallorosso, nonostante il Milan di Berlusconi lo corteggi da sempre. Oggi sono passati vent'anni, sulle magliette ci sono i numeri fino al 99 e i nomi. Ma quella con il numero 16 indossata a Brescia, per Francesco Totti, vale più di tutte.

Gianluca Magro
g.magro@giornaledibrescia.it

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